"La Centralita' Della Persona Come Fine" su un blog dedicato alla Scienza? Certo che sì! In che modo formare una persona autonoma, capace di effettuare scelte e risolvere problemi è argomento che interessa qualsiasi ambito e in primis la società presente e futura.
Il criterio fondamentale del pensiero pedagogico e scolastico europeo, elaborato dagli anni '90 ad oggi, è di considerare ogni persona, e quindi ogni scolaro di qualunque condizione ed età, "come fine e mai come mezzo".
Questo principio comporta che sia il singolo docente che l'équipe pedagogica sappiano vedere in ogni allievo una complessità di opportunità di crescita per se stesso e per la comunità intera, sappiano rispettare il suo mondo, cercando di scoprirlo e di comprenderlo, senza risultare invadenti oppure autoritari.
E' importante anche comprendere che gli atteggiamenti di rifiuto o di distrurbo non sono altro che aspetti della personalità del discente, da correggere e indirizzare verso il positivo, offrendogli la nostra comprensione e il nostro aiuto. Condividere i suoi problemi gli farà avvertire che partecipiamo alle sue difficoltà come fossero nostre; assumere verso ciascuno atteggiamenti di simpatia, solidarietà e fiducia favorirà l'acquisizione da parte dell'allievo di stima verso se stesso, fiducia in sé e negli altri, rendendosi in tal modo emotivamente disponibile al dialogo educativo e alla collaborazione.
Ogni allievo diverso per cultura, lingua, credo religioso ha il diritto di poter fruire di una accoglienza emotivamente calda e stimolante, che lo motivi a stabilire con tutti una relazionalità positiva, condizione indispensabile per aprirsi all'apprendimento e al miglioramento. Come scuola, attiveremo perciò tutto ciò che promuova il suo benessere e la sua crescita in identità, autonomia e nelle competenze migliori possibili, in rapporto alla sua età e alle sue condizioni di partenza.
Qualsiasi itinerario educativo posto in essere avrà come fine il valorizzare la personalità dell'allievo in quanto centro del processo formativo; considerare in positivo anche gli eventuali comportamenti o atteggiamenti sbagliati, a condizione che chi sbaglia sia motivato e animato dalla consapevole (e popperiana) volontà di apprendere anche dai propri errori.
Secondo le ricerche condotte in campo pedagogico, sociologico, psicologico, educativo, i supporti all'accoglienza sono l'ethos, il pathos e il dialogo.
L'ethos si esprime come disponibilità incondizionata verso l'altro; il pathos fa leva sulle emozioni positive (Goleman), che docenti e non docenti possono e devono manifestare attraverso il sorriso accogliente, il tono della voce e la condivisione delle difficoltà; il dialogo richiede al docente di motivare gli allievi a rivolgere domande, incoraggiando i più timidi e impacciati ad uscire dal loro guscio e a diventare propositivi.
La società attuale, e soprattutto quella futura, richiedono che i giovani sappiano affrontare le sfide del cambiamento e dell'innovazione. Perciò sin dal primo momento che prendiamo in carico i ragazzi, stabiliremo con loro un dialogo aperto e costruttivo per motivarli ed orientarli a problematizzare ogni situazione. Soltanto così apprenderanno a porsi problemi, a costruirli e a risolverli, progettando ipotesi di soluzione, da sperimentare con la nostra mediazione didattica, qualora fosse necessaria. Svilupperanno così la capacità ad apprendere come si progetta. Capacità questa che è la risultante di tre condizioni: curiosità; aspettativa; desiderio di pervenire al successo.
Tali condizioni avvieranno concretamente la formazione dell'atteggiamento e del "metodo scientifico", inteso in senso galileiano e popperiano, ovvero fondato su esperienze fatte oggetto di problematizzazione e successiva formulazione di ipotesi da sottoporre al vaglio della sperimentazione, per verificarne la validità. Il metodo scientifico, così concepito e utilizzato, non intende scoprire la "verità" (Positivismo), bensì se l'ipotesi formulata è "valida", in quanto risolve il problema. Se l'ipotesi non dovesse risolvere il problema, l'allievo ne sperimenterà altre fino ad individuare quella valida. Il criterio di validità sostituisce, pertanto, quello di verità, che non appartiene alla Scienza, la quale è tale solo se aperta all'innovazione continua (Popper).
Partendo dalla curiosità e da esperienze facilmente comprensibili e, per quanto possibile, realizzate dallo stesso allievo, si svilupperà in lui la capacità di compiere prima operazioni concrete, poi, via via, operazioni mentali o concettuali, costituenti le modalità peculiari del Costruttivismo, approccio pedagogico che fa della progettualità il suo filo conduttore.
Se si mettono a confronto, infatti, le fasi del metodo della ricerca con le fasi del percorso di progettazione e di costruzione delle conoscenze, apparirà chiaro come l'uno mutui dall'altro, confermando nell'apprendente l'univocità di un processo che valorizza: l'immedesimazione, la motivazione, la ricerca-scoperta, il confronto, la sperimentazione.
La sperimentazione, finalizzata a scoprire la validità delle ipotesi, potrà essere realizzata dagli allievi, sempre con la mediazione didattica dei docenti, anche attraverso simulazioni al computer, che diventa così uno strumento di validificazione del processo predittivo-progettuale.
Le ricerche, che si concluderanno con la scoperta di una soluzione valida al problema posto, promuoveranno la crescita in autostima degli allievi e ulteriori motivazioni ad individuare nuovi problemi, a pensarne e a progettarne le possibili soluzioni e a sperimentarle anche a livello di simulazione al computer.
Attraverso tali attività, e in un clima di accoglienza simile a quello che ho cercato di delineare, gli alunni si formerano e svilupperanno gradualmente il pensiero predittivo-progettuale, che è a loro indispensabile per affrontare, con possibilità di successo, le sfide della complessità o del cambiamento poste dalla società attuale e, in prospettiva, dalla società del futuro, prevedibilmente ancora più complessa, anche per gli sviluppi vertiginosi della globalizzazione e dell'economia dei mercati.
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L'immagine è presa dalla rete.
Quanta competenza e quanta simpatia umana in questo post!
RispondiEliminaAdriano Maini
Cara Annarita, ho letto con molto
RispondiEliminainteresse il tuo post.
La centralità della persona come fine
e no come mezzo, non può che dare
ottimi risultati.
Preparare i ragazzi del futuro è un grandissimo
e onorato compito, prepararli al mondo che cambia
renderli aperti alla vita, alle scoperte ai nuovi modi di vivere
che piano piano di affecceranno nel loro percorso.
Ogni persona ha in se qualcosa che può donare al mondo
e questo qualcosa va aiutato a venire fuori
che si legherà ad altro e insieme si formerà
un nuovo e più preparato
pensiero umano.
Ogni Centralità va rispettata come dici tu,
aiutata e stimolata per dare il meglio di se.
Speriamo in bene.
Un abbraccio.
Grazie, Adriano. Questo genere di post è apprezzato da chi è dotato di empatia e sensibilità.
RispondiEliminaAnnarita
Speriamo in bene, Rosaria. Se si seguisse tale approccio su scala diffusa, le cose non potrebebro che migliorare.
RispondiEliminaUn abbraccio.
A parte questo condivisibile elenco di intenti, com'è la situazione nella scuola italiana? Lasciata alla buona volontà dei singoli docenti o si fornisce un accompagnamento e un indirizzo che renda più uniforme il quadro nazionale? Mi viene sempre in mentre un libro di alcuni insegnanti francesi, e la loro descrizione di un ambiente scolastico piuttosto malconcio.
RispondiEliminaPaopasc
La situazione nella scuola italiana è piuttosto variegata, direi a macchia di leopardo, con realtà di eccellenza e altre che lasciano a desiderare.
RispondiEliminaPerò se questo scassatissimo carrozzone riesce a rimanere in piedi è, comunque, merito dei docenti italiani che a volte si trovano ad operare in situazioni insostenibili in alcune realtà.
La riforma dei cicli scolastici, introdotta con la legge delega 53 del 28 marzo 2003, contiene finalità centrate sulla persona, ma la strada da percorrere è lunga e faticosa.
Aggiungo che per me non si tratta di un semplice elenco di intenti, ma piuttosto ciò che cerco di perseguire giorno dopo giorno a prezzo di non pochi sacrifci, ma anche tanta passione. E come me penso ci siano molti docenti che si trovano sulla stessa lunghezza d'onda.
RispondiEliminaArticolo molto bello e pieno di spunti di riflessione. Finalmente qualcuno che parla di "formare" i ragazzi senza limitarsi a riempire i "vuoti" solo con dati, informazioni e nozioni. Non mi stupisce affatto che questi discorsi arrivino da te Annarita (sicuramente ci sono altri docenti che la pensano come te), quello che mi stupisce è che ancora oggi bisogna ricordare che prima di tutto vengono le persone e poi quello che sanno o potrebbero sapere. Un docente, soprattutto di Elementari e Medie, dovrebbe essere prima di tutto un educatore, un formatore e poi un docente, non perchè debba sostituirsi alla famiglia, ma perchè in collaborazione con lei, dovrebbe mettere al centro la formazione dei ragazzi. Mi fa piacere leggere che ci sia stata una legge delega con finalità mirate alle persone, ma tu sai molto meglio di me che le leggi servono a ben poco se le persone non credono profondamente nel lavoro che svolgono. Io penso che il tutto si possa riassumere con una parola: PASSIONE. Passione per la missione di insegnante e passione per i ragazzi e per la loro crescita sia personale che nozionistica. Come dice il mio vecchio: "ci vuole il manico"; tradotto: "alcuni lavori (quello del docente è uno) non sono per tutti".
RispondiEliminaE beati quei ragazzi che hanno la fortuna di incontrare docenti pieni di passione.
Spero che questo post venga letto, digerito e fatto proprio anche da altri docenti, o meglio, dai neolaureati che si apprestano ad intraprendere il "mestiere" di insegnante...
se non ce l'avete la Passione... lasciate perdere, potreste fare solo danni.
Ciao Annarita, ti ringrazio io a nome di tutti i ragazzi che hanno la fortuna di averti come insegnante.
Un salutone
Marco
Grazie a te, Marco, per le sempre belle parole e per l'apprezzamento:).
RispondiEliminaUn salutone.
Cara Annarita,
RispondiEliminaarrivo solo oggi a leggere questo post che voglio definire come un "MANIFESTO di pedagogia e didattica", infatti hai saputo toccare ogni aspetto del lavoro dell'insegnante che deve avere diversi ordini di conoscenze:
pedagogiche (la centralità della persona,)
psicologiche (come avviene l'apprendimento, il ruolo delle emozioni...)
metodologiche (interazione dialogica, cooperative-learning, problem solving, simulazioni e sperimentazioni, prove ed errori....)
relazionali (empatia, ascolto attivo...)
disciplinari e interdisciplinari (il sapere e la complessità del sapere)
tecnologiche e new-tecnologiche...(gli strumenti)
Davvero un ottimo spunto di riflessione e di ri-partenza per chiunque creda nel proprio lavoro da costruire insieme ai propri alunni!
Ti ringrazio molto per aver dedicato un post (e che post!) sull'argomento...
A volte ho l'impressione che la Rete ci offra moltissime informazioni e risorse che spesso consumiamo freneticamente ma che, con la stessa frenesia vengono sostituite da nuove segnalazioni e nuovi post, ma non sempre ci si prende il tempo di riflettere e di condividere le linee guida del nostro lavoro!
france
Annarita,
RispondiEliminaho annodato un mio post a questo....
baci
france
Un "Manifesto" mi sembra esagerato, cara France. In ogni caso, mi fa piacere che tu abbia apprezzato lo sforzo e ti sia ritrovata nei vari passaggi dell'articolo.
RispondiEliminaSono d'accordo circa la velocità con cui si consuma l'informazione e la conseguente necessità di soffermarsi a riflettere.
Passerò presto da te.
Un caro saluto.
annarita