La Fisica Del '900: Suggestioni In Arte, Letteratura E Poesia
Agli inizi del '900 si assiste ad una profonda rivoluzione in ambito scientifico. Da un lato, la Teoria della Relatività einsteniana (1905) trasforma radicalmente la concezione spazio-temporale (non esistono punti di riferimento privilegiati e determinati; nel mondo microscopico, la massa diventa energia e viceversa), dall’altro intervengono le regole della Meccanica quantistica (per il principio di indeterminazione di Heisenberg, non si può conoscere esattamente posizione e velocità nello stesso tempo; l’energia è quantizzata, ovvero nel mondo microscopico la quantità di energia contenuta nei corpi è discreta).
Cinque uomini, tra i principali artefici di tale rivoluzione scientifica: Einstein, Heisemberg, Pauli, Planck, Dirac.
Questa nuova visione del mondo ha ripercussioni in vari ambiti. Se ne fornisce di seguito una sintesi, senza pretese di dettagli e approfondimenti.
Nella letteratura, nella poesia e nell’arte, il Decadentismo rompe con il passato, esprimendo il senso dell’incertezza, così come in Fisica si perde il senso dell’assoluto (spazio, tempo, posizione, energia, massa). L’artista decadente (Wilde, Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Pascoli, D’Annunzio) coglie il senso recondito delle cose (simbolismo).
In "Corrispondenze", per Baudelaire la Natura adombra impalpabili legami tra le cose; il poeta è colui che, grazie alla propria sensibilità, è capace di intravvedere e riconoscere il coacervo simbolico, che si cela nella realtà, e lo rivela agli altri uomini.
La Natura è un tempio dove incerte parole mormorano pilastri che sono vivi, una foresta di simboli che l'uomo attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari.
Come echi che a lungo e da lontano tendono a un'unità profonda e buia grande come le tenebre o la luce i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.
Profumi freschi come la pelle d'un bambino vellutati come l'oboe e verdi come i prati, altri d'una corrotta, trionfante ricchezza
che tende a propagarsi senza fine- così l'ambra e il muschio, l'incenso e il benzoino a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi. (Baudelaire, Corrispondenze da I fiori del male, Les Fleurs Du Mal, 1857).
Per Pascoli, poesia è "trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente, e serenamente tra l'oscuro tumulto della nostra anima".
“È dentro noi un fanciullino … che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione” (Pascoli, Il Fanciullino)
L’opera perde la sua struttura oggettiva: in poesia, si assiste alla perdita della metrica; in arte, alla rottura della forma. In particolare, il senso del relativo nell’arte porta alla destrutturazione della forma; si insegue il disordine della realtà (principio di indeterminazione).
Picasso, introducendo il concetto di Relatività nell’Arte, cerca di rappresentare la realtà in modo oggettivo e integrale, superando le regole della geometria euclidea e della prospettiva, che viene frantumata in volumi. L’aggiunta di una quarta dimensione, il tempo, ha lo scopo di fornire una visione dell’oggetto da più prospettive, andando oltre l’univocità della visione soggettiva.
Con il capolavoro "Les demoiselles d’Avignon" inaugura nel 1907 la stagione del Cubismo. In questo quadro, il più importante del XX secolo, non c’è illusione spaziale.
La destrutturazione della forma viene realizzata anche nell’Astrattismo, di cui Kandinskij è uno dei capiscuola a livello mondiale (“Composizione VIII”, 1923).
Il futurismo sottolinea il disordine della realtà.
«Compagni! Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell'umanità mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi,noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro» (dal Manifesto dei pittori futuristi, febbraio 1910)
Fratelli umani a cui è lungo un anno, Un secolo un venerando traguardo, Affaticati per il vostro pane, Stanchi, iracondi, illusi, malati, persi: Udite, e vi sia consolazione e scherno: Venti miliardi d'anni prima d'ora, Splendido, liberato nello spazio e nel tempo, Era un globo di fiamma, solitario, eterno, Nostro padre comune e nostro carnefice, Ed esplose, ed ogni mutamento prese inizio. Ancora, di quest'una catastrofe rovescia L'eco tenue risuona dagli ultimi confini. Da quell'ultimo spasimo tutto è nato: Lo stesso abisso che ci avvolge e ci sfida, Lo stesso tempo che ci partorisce e travolge, Ogni cosa che ognuno ha pensato, Gli occhi di ogni donna che abbiamo amato, E mille e mille soli, e questa Mano che scrive.
Piccolissima stella sembravi per sempre sepolta, e nel metallo, nascosto, il tuo diabolico fuoco. Un giorno bussarono alla tua minuscola porta: era l'uomo.
Con una scarica ti liberarono, vedesti il mondo, uscisti nel giorno, percorresti città, il tuo gran fulgore arrivava a illuminare le esistenze, eri un frutto terribile d'elettrica bellezza, venivi a affrettare le fiamme dell'estate, e allora giunse armato d'occhiali di tigre e armatura, con camicia quadrata, con sulfurei baffi e coda di porcospino, giunse il guerriero e ti sedusse: dormi, ti mormorò, avvolgiti tutto, atomo, che sembri un dio greco, una primaverile modista parigina, adagiati sulla mia unghia, entra in questa cassettina, e allora il guerriero ti mise nel suo gilè come se fossi soltanto una pillola nordamericana, e se ne andò per il mondo e ti lasciò cadere a Hiroshima.
Ci svegliammo. L'aurora si era consumata. Tutti gli uccelli caddero calcinati. Un odore di feretro, di gas delle tombe, tuonò per gli spazi. Ascese orrenda la forma del castigo sovrumano, fungo cruento, cupola, gran fumata, spada dell'inferno. Ascese bruciante l'aria e si sparse la morte a onde parallele, e raggiunse la madre addormentata col suo bambino, il pescatore del fiume e i pesci, la panetteria e i pani, l'ingegnere e i suoi edifici, tutto fu polvere che mordeva, aria assassina. La città sgretolò i suoi ultimi alveoli, cadde, cadde d'un tratto, demolita, fradicia, gli uomini furono d'improvviso lebbrosi, afferravano la mano dei figli e la piccola mano rimaneva nella loro. Così, dal tuo nascondiglio, dal segreto manto di pietra dove il fuoco dormiva, ti trassero, scintilla accecante, luce rabbiosa per distruggere le vite, per infestare lontane esistenze, sotto il mare, nell'aria, sulle spiagge, nella più remota ansa dei porti, per cancellare i semi, per assassinare i germi, per ostacolare la corolla, ti destinarono, atomo, a lasciare rase al suolo le nazioni, a tramutare l'amore in nera pustola, a bruciare cuori ammonticchiati, ad annebbiare il sangue. Oh folle scintilla, ritorna nel tuo sudario, sotterrati nei tuoi strati minerali, torna ad essere pietra cieca, non dar retta ai banditi, corrotti invece alla vita, all' agricoltura, soppianta i motori, stimola l' energia, feconda i pianeti.
Non hai più segreti cammina in mezzo agli uomini senza maschera terribile affrettando il passo e propagando i passi della frutta separando montagne, raddrizzando fiumi, e fecondando, atomo, straboccata coppa cosmica, torna alla pace del grappolo, alla velocità della gioia, torna al recinto dalla natura, mettiti al nostro servizio, e anziché le ceneri mortali della tua maschera, anziché gli inferni scatenati della tua collera, anziché la minaccia del tuo terribile chiarore, dacci la tua sussultante indocilità per il bene dei cereali, il tuo magnetismo sfrenato per fondare la pace fra gli uomini, e così non sarà inferno la tua luce abbacinante, ma solo felicità, mattutina speranza, contributo terrestre.
Con Eugenio Montale (dopo Dante è il mio preferito), si procede per sensazioni e per assenze.
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. (Non chiederci la parolache squadri da ogni lato, 1923)
Casa sul Mare
Il viaggio finisce qui: nelle cure meschine che dividono l'anima che non sa più dare un grido. Ora i minuti sono uguali e fissi come i giri di ruota della pompa. Un giro: un salir d'acqua che rimbomba. Un altro, altr'acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia che tentano gli assidui e lenti flussi. Nulla disvela se non pigri fumi la marina che tramano di conche i soffi leni: ed è raro che appaia nella bonaccia muta tra l'isole dell'aria migrabonde la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce in questa poca nebbia di memorie; se nell'ora che torpe o nel sospiro del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s'appressa l'ora che passerai di là dal tempo; forse solo chi vuole s'infinita, e questo tu potrai, chissà, non io. Penso che per i più non sia salvezza, ma taluno sovverta ogni disegno, passi il varco, qual volle si ritrovi. Vorrei prima di cedere segnarti codesta via di fuga labile come nei sommossi campi del mare spuma o ruga. Ti dono anche l'avara mia speranza. A' nuovi giorni, stanco, non so crescerla: l'offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode che rode la marea col moto alterno. Il tuo cuore vicino che non m'ode salpa già forse per l'eterno.
Nella sua poesia, si ritrovano spesso dei concetti di Fisica di inizio novecento. Nel brano seguente, ad esempio, non c'è un unico tempo, ma molti nastri temporali che slittano paralleli e spesso in senso contrario e raramente si incontrano.
TEMPO E TEMPI (Satura)
Non c'è un unico tempo: ci sono molti nastri che paralleli slittano spesso in senso contrario e raramente s'intersecano. È quando si palesa la sola verità che, disvelata, viene subito espunta da chi sorveglia i congegni e gli scambi. E si ripiomba poi nell'unico tempo. Ma in quell'attimo solo i pochi viventi si sono riconosciuti per dirsi addio, non arrivederci.
Il primo Montale scrive “Ossi di seppia” negli anni venti, quando le teorie della relatività ristretta e generale erano già state confermate come era stata pure confermata la curvatura dello spazio nei pressi del Sole durante una eclisse totale, mediante l'osservazione della deviazione dei raggi luminosi provenienti da Aldebaran della Costellazione del Toro.
E ne "I limoni", inclusa nella citata raccolta del 1925 "Ossi di Seppia, scrive:
"...talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità"
C'è tutta la passione di scoprire un mondo che non è alla nostra portata, molto difficile, assurdo, ma non sempre ostile all'uomo.
In questa lirica, l'immagine semplice e solare, carica di simbolismo dei limoni denuncia una realtà cruda, aspra e nuda seppur pervasa da toni colorati e densi di vita.
I limoni
Ascoltami, i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seccate agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla: le viuzze che seguono i ciglioni, discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall'azzurro: più chiaro si ascolta il susurro dei rami amici nell'aria che quasi non si muove, e i sensi di quest'odore che non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta. Qui delle divertite passioni per miracolo tace la guerra, qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l'odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose s'abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l'anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità. Lo sguardo fruga d'intorno, la mente indaga accorda disunisce nel profumo che dilaga quando il giorno piú languisce. Sono i silenzi in cui si vede in ogni ombra umana che si allontana qualche disturbata Divinità.
Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo nelle città rurnorose dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta il tedio dell'inverno sulle case, la luce si fa avara - amara l'anima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo dei cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d'oro della solarità.
Grazie mille Annarita, un post molto interessante. Lo suggerirò a molti colleghi di discipline umanistiche e lo posterò sui blog con i dovuti riferimenti! Per la maturità è un percoso importante ;-)
Ma che bel percorso scientifico-artistico! Quel periodo a cavallo dei primi anni del novecento sembra così più d'altri (periodi) pieno di meravigliose scoperte e straordinarie inziative artistiche. Ma forse è solo un periodo come tanti. Una volta qualcuno disse che le migliori cose venivano da chi attraversava i secoli. E così abbiamo fatto anche noi, a cavallo tra ventesimo e ventunesimo secolo. E il 21 è un bel numero...ma siamo noi in grado di vedere il bello quando gli siamo contemporanei? Paopasc
Molto suggestivo il viaggio e pur non avendo nessuna competenza a riguardo, credo che il simbolismo antecedente alla nuova fisica non possa essere stato da questa influenzato. Probabilmente erano maturi i tempi perchè si rimettessero in discussione le certezze in tutti gli ambiti. Bella l'ode all'atomo. ciao
Anonimo commentatore, è indubbio che tutte le rivoluzioni non avvengono per caso e si concretizzano quando i tempi sono maturi. Non è una novità questa:)...gli izi del Novecento non fanno eccezione.
Se non commentassi anonimamente, sarebbe una gran bella cosa.
Grazie mille Annarita,
RispondiEliminaun post molto interessante. Lo suggerirò a molti colleghi di discipline umanistiche e lo posterò sui blog con i dovuti riferimenti! Per la maturità è un percoso importante ;-)
Erasmo
Ma che bel percorso scientifico-artistico! Quel periodo a cavallo dei primi anni del novecento sembra così più d'altri (periodi) pieno di meravigliose scoperte e straordinarie inziative artistiche. Ma forse è solo un periodo come tanti. Una volta qualcuno disse che le migliori cose venivano da chi attraversava i secoli. E così abbiamo fatto anche noi, a cavallo tra ventesimo e ventunesimo secolo. E il 21 è un bel numero...ma siamo noi in grado di vedere il bello quando gli siamo contemporanei?
RispondiEliminaPaopasc
Molto suggestivo il viaggio e pur non avendo nessuna competenza a riguardo, credo che il simbolismo antecedente alla nuova fisica non possa essere stato da questa influenzato. Probabilmente erano maturi i tempi perchè si rimettessero in discussione le certezze in tutti gli ambiti. Bella l'ode all'atomo. ciao
RispondiEliminaAnonimo commentatore, è indubbio che tutte le rivoluzioni non avvengono per caso e si concretizzano quando i tempi sono maturi. Non è una novità questa:)...gli izi del Novecento non fanno eccezione.
RispondiEliminaSe non commentassi anonimamente, sarebbe una gran bella cosa.
Saluti
Annarita Ruberto