"Così lontani così vicini" è un film - documentario che racconta la separazione fra i genitori che emigrano in Europa e i figli che rimangono in patria.
Il cortometraggio, che ha come protagonisti gli studenti migranti di seconda generazione, ragazzi spesso trapiantati nel nostro Paese in giovane età, consiste in una serie di interviste fatte dal regista Matteo Musso [1] ai ragazzi degli Istituti Aldini e Fioravanti di Bologna, partecipanti ai corsi di italiano e hip-hop promossi dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna nel Progetto "Seipiù", volto a favorire l'inserimento delle famiglie, provenienti da altri Paesi, nel tessuto sociale cittadino e nazionale.
"Durante le riprese è emerso il disagio di questi ragazzi - racconta Matteo Musso - Il problema per loro non era tanto quello dell'integrazione quanto quello della separazione dai genitori emigrati nel nostro Paese. Nel periodo infantile molti di loro hanno vissuto senza una figura genitoriale al loro fianco, disorientati, privi di affetto.
Nel corto - continua Musso - racconto l'avventura umana di questi ragazzi, cresciuti senza un padre e una madre. Questa è la vera causa del loro disagio, non tanto la difficoltà di integrarsi, infatti i ragazzi solo all'inizio fanno fatica ad ambientarsi ma dopo poco si adattano facilmente".
_______________________________________
[1] Matteo Musso, nato a Genova nel 1976 e laureato al Dams
di Bologna, dal 2001 fa parte del gruppo ipotesICinema
di Ermanno Olmi. Nel 2002 firma regìa,
riprese e montaggio del documentario Cigarini
e nel 2003 è tra gli autori di Autoritratto
Italiano. È inoltre autore dei documentari
Genovesi, Genoani (2007), Alla fine del giardino
(2008), Il trasferimento (2008), Igino Benvenuto
Supino. I luoghi della vita (2009), La
sospensione (2010) e Così lontani, così vicini (2010).
pure i miei genitori sono divorziati e sono stati assenti, pure io ho sentito un profondo disagio e una profonda solitudine, peccato però che loro non siano emigrati.
RispondiEliminaDevina, benvenuta. Non posso che prendere atto delle tue affermazioni con comprensione.
RispondiEliminaIn bocca al lupo.
annarita
Cara Annarita, questo cortometraggio
RispondiEliminalo devo vedere con molta calma.
La sua realtà è tanto vicina a noi...
e sarebbe bene che ce ne rendessimo
più conto, non solo voi insegnanti
ma tutti.
Un bacione a questa sera.
Ciao!
Cara rosariella, la realtà narrata dal corteometraggio interessa, o dovrebbe interessare, la società intera.
RispondiEliminaA stasera.
Un bacione.
Quello che mi ha colpito, in questo sensibile video, è la solitudine che vi serpeggia, il non sorriso, ma anche quanto basti poco per cambiare il tutto, un po' di musica, un po' di movimento e soprattutto l' unione ed improvvisamente gli occhi si illuminano e un sorriso risplende.
RispondiEliminaCiao Annarita.
teoderica
Grazie del feedback, Teo. Un persona sensibile come te non poteva non cogliere gli aspetti che hai citato.
RispondiEliminaUn caro saluto.
annarita
Carissimo Aldo, ti ringrazio di aver condiviso la tua storia personale di "migrante trentino". E' proprio vero che la paura di chi è "diverso" da noi perché nato al di fuori dei confini del proprio orticello è un limite drammatico per l'accettazione degli altri e e per la loro integrazione.
RispondiEliminaLe tue parole provengono da un animo nobile e generoso e da un'intelligenza pura e trasparente come cristallo di rocca.
Non avevo dubbi circa il tuo feedback, caro amico. Sono stata fortunata ad averti incontrato.
Grazie del bentornato.
A presto.
annarita
-Così lontani, così vicini-
RispondiEliminaUn documentario ben fatto,
dove le emozioni dei ragazzi
sono così vere.
Ragazzi che hanno negli dipinta la paura
ma sulle labbra il sorriso e con esso la speranza.
Mi ha colpito il ragazzo che da grande
vuole fare il chimico.
Il suo sguardo era sicuro ma sorrideva
meno dei suoi compagni.
Questo ragazzo di cui non ricordo il nome mi
ha colpito ancor prima che parlasse,
ho subito intuito che nei suoi occhi non c'era
dipinta la paura ma il coraggio.
Cara Annarita si può essere migranti
anche nella stessa Patria.
Lo so che la mia ultima considerazione non c'entra
ma questo è solo per spiegare
perchè mi ha colpito tra tanti ragazzi
il ragazzo che sogna di fare il chimico da grande.
In bocca al lupo ragazzo!
Ma so che ce la farai.
L'emigrazione, cara Annarita, non è brutta
è il paese ospitante che la rende tale.
Non è colpa neppure dei confini geografici...
ma di quelli mentali sì.
Complimenti a Matteo Musso.
Brava tu Annarita, che sai
scegliere il meglio.
Un bacione ciao!
Molto bello questo cortometraggio. Umanamente trasmette molto, l'autore ha saputo cogliere aspetti significativi e tra tutti il crescere senza la presenza dei genitori. Non conosco molto questa realtà, qui dove abito il fenomeno della migrazione non è molto presente però conosco una coppia rumena che vive qui mentre il figlio sudia in Romania. Quando mi capita di parlare con loro, capisco che gli manca molto ma non riesco a capire perchè continuino a vivere separati. Anche a me ha colpito la mancanza del sorriso e lo sguardo un po' assente, situazione però presente solo quando rievocano la loro storia personale a riprova che vivere senza genitori ti segna nel profondo. Mi è piaciuto molto la lezione di quella prof. che cercava di far capire loro che avere un'istruzione vuol dire poter avere voce in capitolo e di conseguenza poter far valere i proopri diritti...la scuaoa è soprattutto questo!
RispondiEliminaCiao Annarita, un acro saluto. Roberta
Intanto bentornata.
RispondiEliminaCi sei mancata.
Riprendiamo a seguirti con vero piacere e ricominciare con un video come questo è sicuramente un ottimo inizio per stimolarci a riflettere su di una problematica attualissima visto anche quello che succede a Lampedusa e dintorni. Immigrazione ed emigrazione sono due facce di una stessa realtà viste e vissute da diversi punti di osservazione.
Io credo che essendo noi potenzialmente sia E che I, dovremmo smetterla di avere un approccio diverso al problema a seconda che noi si sia E o I.
Io credo che, come diceva qualcuno molto più importante di me, ciò che non vorremmo che a noi venisse fatto, non dovremmo neanche farlo ad altri. Che io sia E o I, che tu sia E o I, che tutti noi siamo E o I, poco importa, ciò che importa è che noi tutti siamo uomini, donne e bambini e come tali abbiamo il diritto di essere trattati.
C'è una tristezza di fondo nel bellissimo video di Musso che però ha saputo ben cogliere le diverse sfaccettature del problema.
Mi auguro che il bravissimo Musso, magari tra qualche anno, faccia un nuovo video sullo stesso argomento, in una qualsiasi località, e noi, guardandolo, possiamo avere, invece, una sensazione diversa, una sensazione di gioia e felicità; guardandolo possiamo finalmente dire:
"un bel video in cui uomini incontrano altri uomini, donne socializzano con altre donne e ragazzi giocano felicemente con altri ragazzi".
Mai più E o I, solo noi, tutti quanti noi.
(ma in che mondo vivo? Quale sogno, sogno?)
Un salutone
Marco
Il film è molto ben costruito, le riprese sono curate e molto significative...
RispondiEliminaLa storia è costruita dai ragazzi, è un bell'esempio di documentario di intervista in cui la vicenda si snoda tra testimonianze dirette e indirette che avvallano le problematiche di questi giovani.
bella l'idea di prendersi cura dell'interruzione della relazione con i genitori...quante sofferenze e quante problematiche!
Anch'io ho avuto modo di conoscere e accompagnare una giovane madre ucraina che aveva lasciato nel proprio paese il figlio, accudito dalla sorella.
Ricordo che ogni parola, ogni pensiero era per lui.
Tutto lo stipendio era inviato per lui.
Ogni occasione era utilizzata per mostrarmi le foto...
Non potevo non pensare anch'io a quel figlio che sentiva la madre al telefono una volta in settimana, che la vedeva un mese all'anno...
Situazioni davvero coinvolgenti emotivamente.
E non posso non pensare ora al bimbo che ho in classe che è stato molto danneggiato dalla separazioneprecose dalla madre...
Tante storie che ci scorrono davanti, basta fermarsi ad ascoltarli...non saranno più così lontanti!
Non potevi scegliere di meglio per tornare!!!
Un grande abbraccio
france
Un cortometraggio realizzato con bravura, un filmato che coglie gli aspetti interiori degli intervistati, i loro disagi, le loro perplessità sul futuro. Gli insegnanti sono molto umani, docenti preparati che con infinta disponibilità istruiscono e danno un senso alla vita dei ragazzi immigrati che coltiveranno sani propositi. La mia ammirazione va a questi docenti e all'impegno dei ragazzi. Per fortuna non è accaduto come a Torino, leggevo dell'esperienza dell'amico Aldo, triste esperienza, spero non ci siano ancora professori che emarginano gli studenti in base al colore della pelle e alla loro provenienza.
RispondiEliminaComplimenti sinceri all'autore del video e un grazie a te, cara Annarita, per averlo proposto ed anche bentornata!
un abbraccio
annamaria
@ Musso
RispondiEliminaIo vado con il tu che, mi dicono, sia uso sul web.
Intanto grazie per aver voluto rispondere al mio intervento.
Voglio precisare che il mio precedente intervento era soprattutto un augurio, non tanto perchè dalla visione di un video-documentario, non possano e non debbano sorgere riflessioni anche un po' tristi, quanto più per il problema emigrazione in se.
Tu hai fatto un ottimo lavoro e posso assicurarti che molti di noi si sono rivisti nei "personaggi" del video (i commenti testimoniano), questo vuol dire che sei riuscito a cogliere perfettamente la situazione senza alterarla, ma solo presentandola per quella che realmente è.
Ho già visto un altro tuo lavoro e posso dire che quello che più apprezzo è proprio questa tua capacità di "fotografare" le diverse situazioni lasciando libero chi guarda da condizionamenti dovuti alla soggettività dell'autore. Questo credo sia molto importante soprattutto quando gli argomenti che si toccano sono così "forti" e sentiti.
Sono daccordo sull'evitare la gara a chi è più sensibile, primo perchè non avrebbe senso, e secondo perchè ognuno ha una propria sensibilità. Sarebbe come voler contare contemporaneamente le mele insieme alle pere.
Inoltre, con la sola sensibilità non si risolvono, purtroppo i problemi.
Ognuno di noi, ritenendosi sensibile a certi problemi, dovrebbe provare a fare qualcosa nel suo piccolo; tu fai video (è il tuo mestiere) per raccontare certe realtà e farle conoscere, magari anche per "scardinare" un po' di quella freddezza che noi tutti ci portiamo dietro, noi, nel nostro piccolo, possiamo e dobbiamo trasformare la "presunta" sensibilità in "azione attiva". Magari io a scuola guarderò con occhio meno "diffidente" un compagno proveniente da un altro luogo, magari lo aiuterò in qualcosa che gli crea disagio, magari socializzerò di più... magari non mi accorgerò più di alcuna differenza tra noi.
Io nel mio piccolo.
Altri, nel loro piccolo, faranno o non faranno altro.
Sommando un piccolo qua ed un piccolo la, forse... forse il tuo video, si potrà dire, avrà raggiunto lo scopo prefisso, o forse avrà solo creato altre domande ed altri dubbi, ma anche questo sarebbe comunque un bene.
Ti faccio i miei complimenti per il video e ti ringrazio per avermi dato l'occasione per fare qualche riflessione e magari mettere in pratica qualche buon proposito che comunque c'è sempre, ma chissà perchè viene sempre rimandato.
Un grazie anche a te Annarita per averci fatto conoscere ed apprezzare il sig. Musso (qui il sig. ci voleva)
Un salutone
Marco
Cara Annarita si può essere migranti
RispondiEliminaanche nella stessa Patria.
Lo so che la mia ultima considerazione non c'entra...
La tua considerazione è pertinente, cara Rosaria. La viva testimonianza di Aldo ne è una conferma.
Un bacione.
annarita
Roberta, ti ringrazio del commento. La situazione della coppia rumena di tua conoscenza è emblematica!
RispondiEliminaUn salutone.
France, ti ringrazio della testimonianza. Come insegnanti, siamo chiamati a toccare con mano la realtà raccontata da Matteo Musso nel documentario.
RispondiEliminaRicambio l'abbraccio.
Mi piacerebbe che chiunque guardasse un film dicesse solo “ho visto degli uomini, mi sono visto”, perché questa è la sola cosa che conta.
RispondiEliminaChi più di un padre di disabile al 100%, sin da ragazzo, può immedesimarsi nell'impatto di giovani trapiantati nel nostro paese nei quali vedo già degli “uomini” per il peso che grava su di loro a causa delle vicissitudini cui sono andati incontro. “Uomini”, direi, già formati, ma come? Oppure il contrario, giovani che forse mai diventeranno “uomini”, lacerati dal dramma in loro, di due esistenze, quella legata alle tradizioni del paese d'origine etnicamente distante, e l'altra del nostro paese, diremo dell'Occidente e la prima dell'Oriente. Meglio Nord e Sud. Molti di questi diventano anche dei malviventi se non di peggio.
Giusto aver titolato il cortometraggio “Così lontani così vicini”, almeno stimato dalla mia postazione di un padre perennemente afflitto.
Sento lamentarsi di frequente il mio Andrea, che ora ha 34 anni, che così mi dice: ma papi mi sento sempre triste, anzi peggio, perché è come se non fossi mai vissuto al pari di tanti altri giovani. Al liceo avevo molti amici e li vedevo felici, ma io mi sentivo lontano da loro. Alcuni avevano la fidanzata, ed io li invidiavo perché avrei voluto averne una con la quale essere felice e formarmi poi una famiglia. Quegli amici chi li ha più visti? Un tempo qualcuno mi veniva a trovare ed ora sono solo con me stesso. Perché tutto questo? I psicofarmaci che prendo mi distruggono affliggendomi col farmi dormire pur di allontanare la bestia delle ossessioni compulsioni in me.
“Così vicini così lontani” fra me e lui. Sì è l'esperienza di un altro mondo.
Per Andrea, in seguito ad un tragico accadimento, scrissi così:
DOV'È ANDREA?
22 aprile 1997, dolorosi ricordi.
“Si cerca Andrea Barbella!
Uno studente di anni 20,
altezza 1,65 circa,
indossa un jeans nero,
e una polo rossa di lana.”
Poi ciò che avvenne fu tutto in un lampo:
la tragica caduta e il cielo svanì,
in me e nei suoi cari.
Ma prima ancora Andrea era scomparso,
prigioniero di una depressione.
Fu solo il principio della sua tragedia.
Andrea, quello di casa, era invece un altro.
Come nella foto ricordo coi fratelli più piccoli.
Sbiadite sembianze di una fuggente infanzia,
forse mai veramente goduta.
E su di loro un certo sole oscurato d'un tratto,
Ilaria, festosa memoria di una bimba
reduce dalla sua esibizione di ballo al Teatro Grande.
O come su quel tetto
di fronte casa con l'amico Giorgio:
“La cima è raggiunta: foto ricordo -
anno 1994 – foto Giorgio”.
Così pensavo e così scrissi
convinto quel giorno,
ma il tempo, … il tempo non era in me.
Si potrebbe dire che Andrea non è mai nato.
Forse Andrea appartiene al futuro,
e perciò non è l'ora sua.
Sarà un'epoca nuova per le vette eccelse,
ma solo per i buoni e coraggiosi.
Le vette fin'ora agognate sono solo terrene,
come quel tetto d'inganni di fronte casa.
Quanti Andrea l'amor vorrebbe per sé,
per i cuori affranti e stanchi di tanti bisognosi,
con Ilaria sempre cara a far da madrina.
Quando nacque, tanti le furono d'intorno,
e fu ancora così allorché la sua vita si spezzò.
Ma dov'è almeno un fiore che ella oggi invano attende?
Mancando loro, chi mai potrà nascere domani
senza il buon amore? Quello legato
ad un antico giuramento, or dimenticato,
o a un fulgido sogno giovanile, forse ancor vivo?
Allora, cercate Andrea in voi e chi lo ama,
perché è il giusto senso della vita che conta,
anche se ora vi appare come un lacero mendico.
Brescia, martedì 2 novembre 1999
Grazie Annarita, grazie Matteo Musso per il suo istruttivo cortometraggio,
Gaetano
Grazie infinite a te, caro, coraggioso e generoso amico Gaetano.
RispondiEliminaSo del tuo dolore di padre da tempo, ma leggere qui il tuo accorato e toccante racconto è qualcosa che non so definire tanto grande è la commozione che mi prende e mi confonde!
Allora, cercate Andrea in voi e chi lo ama,
perché è il giusto senso della vita che conta,
anche se ora vi appare come un lacero mendico.
Mi auguro che la tua invocazione sia ascoltata dai naviganti di questo angolo di umanità e che ciascuno cerchi il suo Andrea, il tuo Andrea, l'Andrea di tutti...
Ciao a tutti,
RispondiEliminaancora grazie per l'attenzione dedicata al video.
Volevo dire, Luca, che tutto quello che ho scritto in risposta alle tue note è ispirato da quello che mi hai scritto e non in contrapposizione, perché hai notato cose che ho pensato anch'io facendo il video.
Due o tre parole ancora su questa strana attività che è il filmare.
Non so se avete mai girato e poi montato riprese audiovisive.
Succede una cosa strana: quando, a casa, riguardate il materiale vi sembra che abbia ripreso un altro.
Vi accorgete di forze che governavano la vostra attenzione verso questo e quel soggetto, e si trattava di forze di cui non eravate pienamente coscienti durante le riprese.
Con il tempo, imparate a riconoscere quelle forze ed anche in fase di ripresa le riconoscete più coscientemente.
Capita, certo, che abbiate perduto un poco in "istintività", e la cosa talvolta vi manca. Ma molto potete fare in ripresa governando quelle forze di cui sopra.
Ecco che vi avvicinate alla famosa "scrittura per immagini" di cui ogni tanto si parla, ecco che, guardando l'immagine ripresa nel mirino, la trattate come fosse già memoria, la trattate cioè per quell'altro a cui rimanda (non come simbolo o emblema, mi raccomando).
Questo é il mestiere del regista, andare in giro raccogliendo immagini come tracce residuali di una emotività nata dall'incontro con qualcosa, con qualcuno.
Perciò qualcuno dice che per fare film, in fondo, non serve altro che mettersi in ascolto.
Ma...dove ho letto più di recente queste parole? Ah sì, era un'intervista a quel pazzo, quel fisico che fa surf a Maui che ho scoperto proprio sulle pagine di Scientificando, si chiama Garrett Lisi, ecco che diceva:
- (spunto dell'intervistatore) Ora so...
- (prosegue l'intervistato) ...che tutto quello che serve è ascoltare.
- (spunto dell'intervistatore) Il mio errore più grande è stato/è...
- (prosegue l'intervistato) ...non ascoltare.
Sarà mica che fare il fisico, il regista, l'insegnante e tutto il resto... è lo stesso lavoro?
@ Gaetano
RispondiEliminaDOVE E' ANDREA? DOVE E' ILARIA? Nel tuo cuore caro Gaetano, ed ora, grazie al tuo coraggio, anche un po' nei nostri. Leggendo le tue parole mi ha preso un nodo alla gola, mi sono girato e con lo sguardo ho cercato quello di mio padre, quasi a dirgli: "io sono qui". Lui non ha capito e spero non lo capirà mai, mai vorrei che il mio o qualsiasi altro padre mai dovessero scrivere, anzi, incidere nel cuore, quelle parole che tu hai DOVUTO "quando il tempo non era in te".
Da "figlio di un padre" a "padre di figli", con affetto, Marco.
@ Matteo Musso
Io non sono un regista e tu in qualche modo hai cercato di spiegarci quelle che sono le forze che entrano in gioco durante le riprese ed il montaggio di un video e di questo ti ringrazio. Parli di forze che governano, che in qualche modo giudano...
ora io ti chiedo: quelle famose forze che ti hanno portato più o meno inconsapevolmente a creare un video-documentario così ben fatto, in qualche modo avrebbero potuto prevedere le reazioni testimoniate dai commenti presenti su questo blog? Voglio dire, oltre ad avere il "dubbio" che qualcun altro abbia girato il video al tuo posto, può essere che testa e cuore del reale regista (tu) siano riuscite a creare qualcosa di inaspettato ed imprevedibile? Sarebbe bello pensare che un pizzico di quella che qualcuno chiama Arte, si sia "intromessa" tra i fotogrammi del tuo video. Dicono che l'Arte sia capace di scatenare le più diverse reazioni ed emozioni. Beh! Io al tuo posto sarei orgogliosamente contento di sentire quello che gli amici di Scientificando stanno cercando di trasmetterti in risposta alla tua "celluloide" digitale.
" Sarà mica che fare il fisico, il regista, l'insegnante e tutto il resto... è lo stesso lavoro?". Credo proprio di si... io la chiamerei COMUNICAZIONE.
@ Annarita
Ti sei assentata una settimana ed il web si era leggermente assopito, ora sei tornata e guarda cosa hai combinato!!!
Mi unisco al tuo commento in risposta all'amico Gaetano.
Come sempre la tua sensibilità e delicatezza riescono a non sprecare parole inutili, ma invece a mettere in risalto pensieri e sentimenti che Gaetano sicuramente comprenderà ed apprezzerà; LUI sa chi sei e cosa provi.
Ed io, in silenzio, mi accodo a te.
Marco
Ciao ancora a tutti.
RispondiEliminaMarco, certo che mi sorprende e mi fa piacere che questo piccolo filmato abbia suscitato tanta attenzione.
E poi è vero che quello che suscita, vedi le reazioni di Gaetano e Aldo, è qualcosa di ben più grande del film stesso.
Il racconto di un ragazzo di Capo Verde (che non sapevo neanche dov'era, ho dovuto guardare la cartina) o della profonda Russia risveglia i ricordi di un trentino, chi l'avrebbe mai detto?
E mi ha colpito molto anche il primo intervento, quello di Devina69kg:
"pure i miei genitori sono divorziati e sono stati assenti, pure io ho sentito un profondo disagio e una profonda solitudine, peccato però che loro non siano emigrati."
Ci sono in quelle poche righe - se non ho frainteso - la condivisione ed un pizzico di ironia, che è per me un sintomo di forza, contiene già la reazione alla sofferenza (così come molti di quei ragazzi nel film mi sembrano già oltre il momento della sofferenza - il fatto stesso che raccontino ne è la prova).
Insomma, anche queste sono le "forze" che si prendono il film dopo che lo si è messo in circolo, e lo fanno diventare qualcosa d'altro da quel piccolo montaggio di immagini e suoni che tu in origine hai messo insieme.
A presto!
Matteo
Il filmato è davvero molto significativo e merita di essere divulgato perchè aiuta a comprendere il disagio di tanti adolescenti che hanno perplessità tipiche dell'età alle quali, per quelli venuti da altri paesi, si aggiungono il timore di strappare radici culturali e la difficoltà di colmare quel vuoto affettivo che segna nel profondo e- come dice una ragazza - " fa sentire già grandi da sempre".
RispondiEliminaIn generale emerge un bisogno di recuperare- costruire un senso di appartenenza, sociale, culturale e soprattutto affettiva. Sorprende la maturità conseguita in solitudine da questi ragazzi ai quali la vita ha chiesto di effettuare precocemente un percorso di crescita interiore, sofferta, che attraverso il rap , la musica, lo sport , la drammatizzazione , le conversazioni guidate, la scrittura creativa può venire fuori ed essere analizzato ed accettato. Ci sono riflessioni commoventi, come quelle riguardanti la dolcezza della mamma, il distacco dal padre, o la descrizione di un compagno ( un bosco di notte, cupo e segreto, il mare a mezzogiorno...un paese del centro Africa in guerra con se stesso, un cervo che corre libero in un prato). Rabbia, timori, inadeguatezza, desiderio di libertà ...
In alcune riflessioni di questi ragazzi ho rivisto alcune mie esperienze di vita che, se hanno un po’ rubato la spensieratezza dell’adolescenza, in compenso hanno rafforzato il carattere e reso sensibile.
È davvero encomiabile il lavoro che gli insegnanti di Bologna stanno svolgendo affinchè i ragazzi riescano a proiettarsi nel futuro e a sognare.
Grazie al regista Musso e ad Annarita per avere proposto il cortometraggio consentendo di leggerci e di leggere dentro.
skip
skip,
RispondiEliminahai visto molto nel film,
anche a me come a te colpisce la maturità e la forza di tanti di quei ragazzi, è vero che la maturità spesso si paga in spensieratezza ma questa è la vita, e va bene così
ciao annarita il commentatore ero io, scusa ma non sono abituato
RispondiEliminamatteo musso