Per comprenderlo, dobbiamo però ricordare brevemente che cosa è e come funziona la retina umana.
La retina è la membrana più interna dell'occhio ed è formata da 10 strati. Il terzo strato, procedendo dall’esterno verso l’interno, è costituito dai fotorecettori (coni e bastoncelli), neuroni altamente specializzati e sensibili alle radiazioni luminose. Grazie all’attività di tali cellule, la retina invia alla corteccia cerebrale, mediante il nervo ottico e le altre vie ottiche, le informazioni da rielaborare. La luce che perviene sul fondo oculare viene, infatti, trasformata dai fotorecettori, grazie ad una serie complessa di reazioni chimiche e chimico-fisiche, in segnali di tipo bioelettrico. Questi raggiungono i lobi ottici, le aree della corteccia cerebrale specializzate per la visione, mediante il citato nervo ottico.
Il cervello, poi, interpreta i segnali diversi che riceve, raddrizzando l’immagine che sulla retina è capovolta.
Tra i fotorecettori che compongono la retina, i coni (circa 5 milioni), sensibili alle radiazioni luminose intense, sono i responsabili della visione a colori, mentre i bastoncelli (circa 100 milioni) sono sensibili a radiazioni luminose di bassa intensità e non ai colori. Per tale distinzione, i coni, concentrati ad altissima densità nella fovea (struttura interna alla macula), sono preposti alla visione distinta e a quella a colori; i bastoncelli, distribuiti, invece, nella parte rimanente della retina, sono particolarmente sensibili al movimento e alla visione al buio.
(immagine presa qui)
Segue una fotografia al microscopio elettronico a scansione della retina, in cui sono visibili coni e bastoncelli. La foto proviene dal Centro di Microscopia elettronica dell'Università di Ferrara, che abbiamo visitato qualche anno fa con i ragazzi di una classe terza.
Fatta questa doverosa premessa, arriviamo al dunque, ovvero allo studio condotto dagli sforzi congiunti del team di ricercatori composto da Diego Ghezzi, Maria Rosa Antognazza, Marco Dal Maschio, Erica Lanzarini, Fabio Benfenati, Guglielmo Lanzani.
Gli scienziati provengono: dal Dipartimento di Neuroscienze e Neurotecnologie dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova; dal Centro di Nanoscienze e Tecnologie dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano; dal Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano.
Lo studio, coordinato da Guglielmo Lanzani, direttore del CNST, è stato pubblicato il 25 Gennaio 2011 su Nature Communications con il titolo "A hybrid bioorganic interface for neuronal photoactivation".
Ma quali sono i risultati della ricerca? In estrema sintesi, unendo le competenze patrimonio di tre diversi istituti di ricerca, è stato possibile realizzare una retina artificiale di natura organica, grazie all’interfacciamento funzionale di un semiconduttore organico con una rete di neuroni primari in coltura.
L’approccio del team italiano rappresenta un nuovo strumento per l’interfacciamento neurale attivo, che è un’alternativa più semplice ed efficace rispetto alle tecniche, già esistenti e ampiamente utilizzate, di fotostimolazione optogenetica dei neuroni, perché evita il trasferimento di geni, che è potenzialmente pericoloso.
Secondo Guglielmo Lanzani, il nuovo approccio alla stimolazione ottica di neuroni può imprimere un ulteriore impulso a lavorare per lo sviluppo di una retina artificiale, basata su materiali organici.
Cerchiamo di approfondire come funziona l’interfacciamento tra il dispositivo biotecnologico, ottenuto grazie alla nanotecnologia, utilizzato dai ricercatori ( rr-P3HT:PCBM) e le reti di neuroni.
Le immagini seguenti si riferiscono alla stimolazione ottica di neuroni coltivati su un dispositivo ITO/rr-P3HT:PCBM.
In particolare, la prima figura è la rappresentazione schematica del paradigma di stimolazione ottica, compresa la localizzazione dello stimolo, in una regione che circonda il neurone bersaglio (scale bar, 10 µm).
Figura 1
Lanzani spiega che lo strato attivo della loro interfaccia è un prototipo di materiale comunemente utilizzato nelle applicazioni fotovoltaiche organiche (RR-P3HT: PCBM). Nella quasi totalità della struttura di eterogiunzione, RR-P3HT si comporta come un materiale donatore di elettroni, mentre PCBM si comporta come accettore di elettroni, garantendo così una efficienza quantica esterna molto elevata nel processo di generazione della carica.
La seconda figura, rappresenta lo schema dell'interfaccia fotosensibile, con la crescita della rete di neuroni sopra lo strato attivo del polimero.
Figura 2
Nella terza figura, si osserva il monitoraggio online del pH della soluzione extracellulare in presenza (black, n = 4) o assenza di fotostimolazione (red, n = 4).
Figura 3
La quarta figura mostra la generazione del potenziale di azione in risposta ad un impulso di fotostimolazione (50 ms).
Figura 4
Nella quinta figura, un esempio di spike train (impulso elettrico) generato con impulsi da 20 ms a 1 Hz.
Il team di ricerca ha realizzato il proprio dispositivo attraverso un processo a più stadi: il film polimerico attivo e poi la miscela organica sono stati trattati termicamente con una esposizione a 120 °C per 2 ore.
Figura 5
Secondo Lanzani, il trattamento termico ha avuto la doppia funzione di migliorare la morfologia del film polimerico e l'efficienza di fotogenerazione della carica, che ha preparato il film per la coltura delle cellule successive, eliminando tutti i residui di solventi organici come acetone, alcool metilico, clorobenzene, che sono molto tossici per i sistemi biologici.
Lo strato polimerico è stato poi coperto con poli-L-lisina (PLL) per migliorare l'adesione. Infine, sono stati seminati e coltivati su di esso i neuroni embrionali primari, presi dall’ippocampo di un ratto.
Poli-L-lisina (presa di wikipedia en)
I ricercatori hanno testato le prestazioni della struttura bio-organica, trovando una corrispondenza deterministica tra la fotostimolazione del semiconduttore organico vicino al corpo cellulare e l'attivazione neuronale. Inoltre, hanno dimostrato che, utilizzando semiconduttori organici, è possibile riprodurre le funzioni strettamente connesse con la visione dei colori da parte della retina umana.
Lo studio condotto dai ricercatori italiani è interessante perché, a differenza delle interfacce in metallo o silicone, l'interfaccia da loro proposta funziona senza campo elettrico applicato esternamente e con dissipazione minima di calore. Il che è positivo per disporre di una efficiente interfaccia biologica perché limita i problemi termici. Dal momento che il meccanismo è capacitivo, ossia basato sulla distribuzione spaziale di carica, vi è una corrente elettrica trascurabile durante la stimolazione. Ciò assicura una dispersione bassa e senza stress termici per la cellula.
In definitiva, lo studio italiano costituisce un passo importante verso la realizzazione di una retina artificiale organica per la visione dei colori.
Naturalmente i tempi della sperimentazione sono lunghi e il percorso è solo nella fase iniziale. Il dispositivo dovrà essere prima impiantato e osservato nei ratti e successivamente si passerà all’impianto nell’uomo.
Di sicuro si è aperta una nuova strada nella realizzazione delle protesi retiniche e, se tutto procederà come sperato, i vantaggi per coloro che soffrono di gravi patologie oculistiche, inclusa la cecità (a patto che il nervo ottico sia funzionante), saranno rilevanti.
Le immagini 1-2-3-4-5- sono state prese qui.
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Ghezzi, D., Antognazza, M., Dal Maschio, M., Lanzarini, E., Benfenati, F., & Lanzani, G. (2011). A hybrid bioorganic interface for neuronal photoactivation Nature Communications, 2 DOI: 10.1038/ncomms1164
Rosariella deve leggere
RispondiEliminacon molta calma questo tuo post.
Grazie
Un bacione
Sì, rosaria. Ne vale la pena.
RispondiEliminaUn bacione a te.
annarita
Annarita, ho letto e spero che questa
RispondiEliminaricerca dia i suoi risultati al più presto possibile.
Ma quello che non ho ben capito
se questa scoperta va bene
per ogni patalogia degli occhi.
Sempre se il nervo ottico sia funzionante,
come hai scritto.
Da quello che ho capito la stimolazione dell'interfaccia
avverrebbe non più dall'interno ma dall'esterno,stimolando
la regione la regione che circonda la zona del neurone.
I neuroni del cervello, quelli della zona degli occhi
in questo caso verrebbero neutralizzati dall'interfaccia?
e partendo da fuori il bersaglio da colpire
sarebbe molto più facile da stimolare?
Cosa assai più difficile intervenire sui 5 milioni di coni
e i 100 milioni di bastoncelli che madre natura ci ha dato.
La scienza resta l'unica speranza dell'uomo,
per questo i tanti ricercatori dovrebbero trovare
anche loro (colture) più pronte ad accogliere i loro
i cervelli che sono forse
l'unico miracolo che madre natura attraverso loro
ci regala.
Un abbraccione immenso.
Ma quello che non ho ben capito se questa scoperta va bene per ogni patalogia degli occhi. Sempre se il nervo ottico sia funzionante, come hai scritto.
RispondiEliminarosariella, io non sono un medico quindi non posso rispondere con precisione al tuo quesito. So solo che il dispositivo funziona come una vera retina umana e con la stessa efficienza. Le patologie che può risolvere sono molte, dal daltonismo alla cecità. A tempo debito, ovvero quando la retina sarà stata impiantata sull'uomo, ne sapremo sicuramente di più. Per adesso, deve ancora partire la sperimentazione sui topi.
Cosa assai più difficile intervenire sui 5 milioni di coni
e i 100 milioni di bastoncelli che madre natura ci ha dato.
Questo non dovrebbe essere affatto un problema!
Un bacione e incrociamo le dita.
In buona sostanza la retina artificiale, composta da un materiale semiconduttore, denominato rr-P3HT:PCBM funziona come i fotorecettori presenti nella retina umana. Il danneggiamento dei fotorecettori umani provoca delle conseguenze molto dannose per la salute, quali daltonismo e, nei casi peggiori, può causare la cecità; ecco, dunque, che la possibilità di utilizzare una retina bioartificiale aprirebbe la strada alla soluzione di numerose patologie e problemi legati alla vista.
RispondiEliminaMi ha colpito una peculiarità, fra le altre, di questo materiale organico semiconduttore, ossia oltre al fatto di essere organico che lo rende soffice, leggero e flessibile, garantendo una buona biocompatibilita’ ed evitando complicazioni ai tessuti circostanti.
Essendo un polimero semiconduttore, ha la capacita’ di trasmettere impulsi elettronici e ionici senza una grande dispersione di calore, che potrebbe causare diversi danni al sistema nel suo complesso, così come ha detto il professor Guglielmo Lanzani, annunciando la grande scoperta.
Ma perché mi si chiederà?
Perché questa complessa ricerca andata a buon fine, mi porta alla memoria la scoperta dei transistor o circuiti integrati o microprocessori elettronici, che soppiantarono, ma in parte, le valvole termoioniche inventate da Edison nel 1884. 20 anni dopo nel 1904 lo scienzato A. Fleming e successivamente Forest resero praticabili le valvole suddette per le trasmissioni radio, in numerose tipologie.
Cosa avevano di formidabile i transistor o circuiti integrati o microprocessori elettronici? Che, a parte il fatto notevole che occupavano pochissimo spazio rispetto alle valvole termoioniche, c'erano delle differenze considerevoli di applicabilità in relazione alla dispersione del calore. Ecco il nesso con la retina bioartificiale in argomentazione che non disperde calore.
Le valvole termoioniche hanno il grande difetto di produzione di calore che corrisponde ad un elevato consumo di energia elettrica. Alcune valvole sono raffreddate con aria forzata ed altre addirittuira con acqua a sua volta raffreddata a mezzo scambiatori di calore.
Anche i transistor o circuiti integrati o microprocessori elettronici attuali vengono raffreddati allo stesso modo. Bisogna tenere conto però che con i transistor o microprocessori, il risparmio di energia elettrica rispetto alle valvole è notevole.
Ottima presentazione Annarita, occorreva annunciare questa scoperta dalla tua postazione, perché ne ho visto tante sul web che quasi non si contano!
Un abbraccio,
Gaetano
Caro Gaetano, ti ringrazio del dotto commento, che ha rispolverato altre importanti conoscenze.
RispondiEliminaOttima presentazione Annarita, occorreva annunciare questa scoperta dalla tua postazione, perché ne ho visto tante sul web che quasi non si contano!
Un abbraccio,
Gaetano
E' vero il web riporta questa notizia a iosa, ma c'è una differenza con la mia presentazione: le altre sono pari pari copiate e incollate dal comunicato ufficiale dei centri di ricerca, la mia presentazione deriva invece dallo studio approfondito del paper originale in lingua inglese, pubblicato sulla prestigosa rivista Nature Communications. Cosa che comporta un po' di tempo.
Abbracci.
Segnalazione interessantissima e completa; non si finisce mai di imparare.
RispondiEliminaIo, come tu ben sai cara Annarita, leggo i tuoi post con molta attenzione cercando di apprendere quanto più possibile, ma non solo, seguo sempre anche i commenti che ne scaturiscono perchè so che molto spesso anche lì ci sono ulteriori approfondimenti, come nel caso del commento dell'amico Gaetano, che ringrazio.
Ma voglio prendere al volo l'occasione che tu mi dai quando parli di notizie che si ripetono nel web, e che si presentano come semplici copia/incolla.
Anche sul Web esiste, o dovrebbe esistere, il concetto di "proprietà intellettuale" (spero sia giusto il termine) ed esistono varie tipologie di licenze per la diffusione dei contenuti.
Ridursi a copiare spudoratamente le informazioni produce un duplice danno: prima di tutto all'autore originale che con il sudore della sua fronte ha elaborato e messo a disposizione i suoi contenuti, ma anche ai lettori dei contenuti duplicati che ignari attribuiscono il merito al "copiatore di turno" e non ricevono invece l'approfondimento o la rielaborazione personalizzata della notizia.
Ci sono tanti modi di segnalare le risorse altrui e non voglio menzionare quelli "disonesti"; quello che per me è fondamentale è che nella segnalazione venga menzionata la fonte originale e poi, almeno io, mi aspetto dai blogger che la notizia venga "ricucita" in base al target dei propri lettori.
Fare il blogger, soprattutto quello scientifico, non è cosa semplice, bisogna saper cogliere le notizie e presentarle ai propri lettori cercando di renderle comprensibili e fruibili.
Prendiamo il mio caso e quello di tanti ragazzi che seguono Scientificando, saremmo noi in grado di leggere la risorsa originale e comprenderne il contenuto? O forse abbiamo bisogno che qualcuno competente, prenda la notizia, la studi e ce la ripresenti in modo più comprensibile?
Perchè seguo Scientificando e non Nature Communications? Perchè so che non sarei in grado, (per come le notizie vengono presentate, per tecnicismi e termini che non riuscirei a comprendere ed altro) perchè so che ho bisogno di un piccolo aiutino per comprendere meglio, perchè so che se un termine o un concetto non mi sono chiari posso chiedere chiarimenti tramite i commenti.
E allora grazie a te Annarita perchè con tutto il lavoro di approfondimento e preparazione della notizia e del post, permetti una maggiore comprensione e soprattutto, rendi i tuoi articoli unici; unici perchè durante la lettura si sente che c'è la "tua mano".
Grazie anche per questo, che spero venga apprezzato dagli amici di Scientificando.
Un salutone
Marco
Caro Marco, hai toccato un tasto dolente! Il web purtroppo pullula di individui che non si fanno scrupolo di copiare e incollare i contenuti altrui, appropriandosene. Contenuti che sono costati all'autore studio e profusione di tempo e competenze personali.
RispondiEliminaUn ragazzo giovane come te dimostra una grande sensibilità e onestà intellettuale, che, se appartenessero ai più, renderebbero migliore questo mondo.
Grazie di cuore per il tuo significativo commento che dovrebbe far riflettere...
Un bacione.
Di queste ricerche e di altre similari mi affascina in maniera prepotente la possibilità di integrare organico e inorganico o meglio: vivente e non vivente. Non so se questo genere di studi darà origine a una forme di vita ibrida (definizione senza nessun intento negativo), fatto sta che l'allargamento sul versante inorganico della vita è enormemente interessante. E non solo in funzione curativa o sostitutiva. E' proprio dall'interazione di questi due mondi, apparentemente separati in maniera drastica (arrivati a un certo punto) che proviene il fascino maggiore. La possibilità di rendere umano (o vivente) un materiale che per sua non lo è, è simile, per intensità, al vecchio tentativo di trasformare altri metalli in oro.
RispondiEliminaE in fondo, se ci pensiamo bene, non è proprio quello che un organismo vivente fa ogni giorno: trasformare l'inorganico in organico, l'inanimato in animato?
Grande articolo Anna! Brava!
Paopasc
Cara Annarita,
RispondiEliminami scuserai se devìo leggermente dall'argomenti puramente scientifico per andarlo a connotare di aspetti di psicologia cognitiva e quindi interessanti anche per il mondo della didattica.
Le componenti fondamentali della percezione visiva: occhi, retina, coni, bastocnelli, fovea, nervo ottico, chiasma ottico, corteccia visiva, costiutiscono il canale di accesso al mondo diventando quindi "conduttori" di stimoli che il nostro cervello registra e decodifica, associando i percetti a forme conosciute o mettendo in atto strategie per comprendere quelle nuove.
In questo modo si comprende come la "percezione" sia fondamentale per la cognizione.
Arnheim ne rende una bella esemplificazione in queste poche righe:
"L’intuizione percettiva è il modo primario della mente di esplora- re e comprendere il mondo. Prima che la mente giovane defini- sca la sua nozione di ciò che è, ad esempio, una casa, afferra intuitivamente qualcosa come un grande oggetto che ripetuta- mente si presenta nell’esperienza giornaliera. Tutti quegli edifici appaiono diversi uno dall’altro, eppure hanno qualcosa in comune; questo carattere comune è ciò che è colto intuitiva- mente dalla mente di chi osserva. Io lo chiamo “concetto percet- tivo”. Presto, tuttavia, si ha nella mente del bambino un impor- tante sviluppo, è un privilegio degli esseri umani, non accordato agli animali. I concetti intuitivi, altamente percettivi, subiscono una pietrificazione. Acquistano stabilità e, in senso stretto, consistono di insiemi di tratti standardizzati. La giovane mente adesso acquisisce i suoi primi “concetti intellettuali” [...] che sono gli strumenti del pensiero astratto (Arnheim, 1989,"
Con ciò cara Annarita voglio semplicemente sottolineare quanto sia importante il buyon funzionamento del sistema visivo per la cognizione, che nella didattica dobbiamo "coltivare la percezione" con attività di osservazione individuale e di gruppo, di riflessione su ciò che abbiamo rilevato e, perchè no, anche degli strumenti fisiologici che ci permettono di comprendere gli stimoli visivi.
Ben venga quindi questo studio che hai citato, in cui si rende possibile la sostituzione di quegli elementi dannaggiati del nostro sofisticato, complesso, ma meraviglioso sistema visivo!
Un abbraccio
france
SONO DISPERATA, HO PROVATO A CONTATTARE IL PROFESSOR GUGLIELMO LANZANI E LA SUA EQUIPE CON L'UNICO INDIRIZZO MAIL TROVATO SU INTERNET MA NON RISPONDE.
RispondiEliminaQUALCUNO MI PUò AIUTARE??
LA MIA MAMMA HA PERSO COMPLETAMENTE LA VISTA A CAUSA DELLO SGRETOLAMENTO DELLA RETINA....
DEVO TROVARE IL MODO DI SENTIRE ANCHE QUESTO PROFESSORE...
IL MIO NOME è SIMONA
IL MIO INDIRIZZO MAIL E' 66sissy@gmail.com
grazie di cuore...
prova
RispondiEliminaBuon giorno,solo adesso sono venuto a conoscenza di questa grande scoperta.
RispondiEliminaMi interessa moltissimo perche' affetto dal 1988 da CorioRetinopatia Sierosi centrale ochhio dx mai trattato e con Visus 1/10.
Avrei bisogno gentilmente di altre notizie e di come si possa far parte di un programma di Sperimentazione