Questi i link dei lavori di Peppe, pubblicati su arXsiv, un enorme archivio per pubblicazioni scientifiche nel campo della fisica, matematica, informatica e biologia accessibile via Internet:
G. Liberti, F. Piperno, F. Plastina, “Finite-size behavior of quantum collective spin systems”, Phys. Rev. A 81, 013818 (2010)
(preprint arXiv: http://arxiv.org/abs/0907.0838
F. Plastina, G.Liberti, A. Carollo, “Scaling of Berry’s Phase Close to the Dicke Quantum Phase Transition”, Europhysics Letters 76, 182 (2006).
(preprint arXiv: http://arxiv.org/abs/quant-ph/
G. Liberti, F. Plastina, F. Piperno, “Scaling behavior of the adiabatic Dicke model”, Phys. Rev. A 74, 022324 (2006)
(preprint arXiv: http://arxiv.org/abs/quant-ph/
E adesso la presentazione curata da Peppe.
PROLOGO
L’universo dei fenomeni quantistici è maledettamente intrigante. Lo dimostra il fatto che i post più letti sui blog a carattere scientifico sono proprio quelli che si occupano delle strane proprietà del mondo microscopico (o, al contrario, quelli che raccontano il cosmo e l’infinitamente grande). La ragione di questo interesse, a mio parere, risiede proprio nella difficoltà intrinseca dell’argomento e nella sua contro-intuitività. A volte però capita che per rendere più chiari i concetti si ricorra ad esempi stiracchiati, se non palesemente sbagliati. Uno per tutti, raccontare che lo spin sia l’analogo quantistico del movimento di rotazione di una trottola: niente di più falso! Per non dire poi delle inopportune interpretazioni “paranormali” tipiche di un mondo che la Scienza dovrebbe prima di tutto studiarla.
Approfitto dunque di questa occasione per provare a spiegare il senso del lavoro di ricerca che ho affrontato in questi ultimi anni, lavoro che parte dai fondamenti della Teoria Quantistica per arrivare a lambire le possibili applicazioni pratiche di risultati che possono sembrare mera speculazione. Lo farò provando a spiegare quali sono i “mattoni” sui quali il lavoro è stato edificato, cercando di esprimermi nella maniera più chiara possibile (nei limiti che mi fornisce l’argomento ed in quelli miei di “divulgatore”) .
I protagonisti di questa vicenda sono l’entanglement e le transizioni di fase.
IL GROVIGLIO QUANTICO
Per prima cosa cerchiamo di capire cosa si intende per entanglement, visto che anche il termine “groviglio quantistico” non è che aiuti molto. Il punto di partenza è sapere che l’aspetto peculiare dei sistemi interagenti sia a livello classico che quantistico è rappresentato da quelle che si chiamano “correlazioni”. Studiare le correlazioni significa investigare l’esistenza di un legame tra i sotto-sistemi che compongono un sistema per cui a variazioni di un sottosistema corrispondono variazioni dell’altro (o degli altri). Per un sistema classico le correlazioni sono espresse matematicamente in termini di funzioni di correlazione statistiche, a loro volta espresse in termini di valori medi di variabili appartenenti ai vari sotto-sistemi. In questo caso, se sappiamo tutto (o, per meglio dire, abbiamo un’ informazione completa) sul sistema totale sappiamo anche tutto delle singole parti che lo costituiscono. Per un sistema classico è dunque possibile, in teoria, avere la “conoscenza assoluta” del suo stato.
Ora, mentre in Fisica Classica gli eventi che avvengono in una certa regione spazio-temporale non possono essere influenzati da un cambiamento che avviene in un’altra regione spazio-temporale distante, quando due sistemi quantistici sono correlati è impossibile descriverli come due entità separate, indipendentemente dalla distanza che li separa: la Fisica Quantistica è una teoria non-locale. Una correlazione non locale di natura puramente quantistica tra due o più sistemi fisici è proprio quella che viene detta entanglement.
Per un sistema quantistico anche se abbiamo l’informazione massima possibile sullo stato di un sistema non è detto dunque che si riesca ad averla sulle parti che lo compongono. Quando abbiamo la conoscenza massima possibile del sistema totale ma continua ad esserci una carenza di informazione sui sottosistemi ciò significa che sono presenti correlazioni (extra) non banali la cui natura può essere solo quantistica.
Per capire meglio quello di cui sto parlando conviene concentrarsi sulle misure utili per quantificare l’entanglement. Una di queste è la cosiddetta Entanglement Entropy. Il termine Entropia ci può infatti aiutare.
In termodinamica l'entropia è una funzione di stato che si introduce insieme al secondo principio della termodinamica e che viene interpretata come una misura del disordine di un sistema fisico. Dalla meccanica statistica sappiamo che l'entropia è il tramite per ottenere informazioni macroscopiche su un sistema a partire dalle configurazioni microscopiche: maggiore è l’incertezza che un sistema possiede (ovvero maggiore è il numero di microstati di cui è composto) maggiore è l’entropia.
In meccanica quantistica l’entropia è usata per misurare il grado di entanglement di un sottosistema con gli altri sottosistemi che compongono un sistema puro, un sistema per il quale, complessivamente, l’entropia è zero (un sistema sul cui stato non vi è incertezza). Nello stesso modo in cui l’entropia viene associata agli stati statistici di un sistema classico, essa può essere associata agli stati quantistici interpretandola come misura della perdita di informazione associata allo stato: maggiore è l’entropia, minore è l’informazione che si ha sullo specifico stato che si sta “osservando” e di conseguenza maggiore è il suo “aggrovigliamento non locale” con il resto del sistema.
LE TRANSIZIONI DI FASE
Una transizione di fase è un cambiamento qualitativo e drastico delle proprietà di un sistema fisico al variare di un parametro di controllo esterno. Per i sistemi “classici” il parametro di controllo è la temperatura e le transizioni di fase si realizzano a temperatura finita: in questo caso, l’ordine macroscopico viene distrutto dalle fluttuazioni termiche. In una transizione di fase possiamo identificare un punto critico nei pressi del quale i sistemi fisici esibiscono un comportamento singolare (o non analitico): quando si passa attraverso la transizione il sistema si muove tra due parti analiticamente distinte del diagramma di fase (l’ebollizione dell’acqua liquida a 100°C a pressione atmosferica è l’esempio più comune). La classificazione delle transizioni di fase dipende dalla natura del punto critico e può essere derivata osservando il comportamento dell’entropia al variare della temperatura. Il comportamento dell’entropia nei pressi della temperatura critica è discontinuo per una transizione di fase del primo ordine e continuo negli altri casi.
La classificazione delle transizioni di fase dipende dalla natura del punto critico e può essere derivata osservando il comportamento dell’entropia al variare della temperatura. Il comportamento dell’entropia nei pressi della temperatura critica è discontinuo per una transizione di fase del primo ordine e continuo negli altri casi.
Una transizione di fase quantistica (QPT, Quantum Phase Transition) è un cambiamento qualitativo e drastico delle proprietà di un sistema fisico che avviene a temperatura nulla al variare di un parametro di controllo non termico come, ad esempio, una costante di accoppiamento. L’ordine è distrutto dalla fluttuazioni quantistiche e responsabile della transizione di fase è l’interazione tra i vari componenti del sistema. Un modo tipico di caratterizzare una QPT è attraverso lo studio delle proprietà dello stato fondamentale del sistema in funzione del parametro di controllo ma, come a questo punto dovrebbe apparire ovvio, lo studio delle proprietà dell’entanglement del sistema ed il calcolo delle misure che lo quantificano (a partire proprio dall’entanglement entropy) possono fornire un criterio utile e molto “potente” per caratterizzare la transizione.
Uno dei problemi fondamentali nella teoria delle transizioni di fase è la derivazione del comportamento delle osservabili fisiche (le grandezze fisiche che si possono misurare) nei pressi del punto critico in funzione del parametro di controllo (delle quantità termodinamiche nei pressi della temperatura critica o, per una QPT, dell’energia dello stato fondamentale nei pressi del valore critico della costante di accoppiamento). A questo fine vengono derivate delle leggi di potenza i cui esponenti vengono detti esponenti (o indici) critici. L’importanza di questi indici risiede nel fatto che molte transizioni di fase possono essere descritte dai medesimi indici, ovvero non dipendono dalla specifica osservabile e possono essere i medesimi per sistemi molto diversi.
IL MODELLO DI DICKE
Uno degli oggetti quantistici più comuni e studiati è quello noto come sistema a due livelli, un sistema puramente quanto-meccanico che ha solo due possibili stati come ad esempio una particella con spin ½ o un qubit, il bit quantistico ovvero l'unità di informazione quantistica. Un sistema a due livelli può interagire con un oscillatore, un oggetto che, da un punto di vista classico, rappresenta il più semplice sistema-modello in cui sono presenti delle forze attrattive ed è un importante riferimento per tutti i fenomeni vibrazionali. L'energia di un oscillatore classico varia con continuità ed assume sempre valori positivi. Quantisticamente invece, a differenza del suo omologo classico, un oscillatore è caratterizzato da uno spettro discreto: l’energia può assumere solo valori che sono un multiplo intero dell'unità di energia più piccola permessa.
L’interazione di N sistemi a due livelli con un oscillatore è un esempio paradigmatico di comportamento quantistico collettivo. Il Modello di Dicke (DM, Dicke Model), che limita ad uno solo il numero di possibili modi dell’oscillatore (un’unica frequenza), esibisce una transizione di fase del secondo ordine che è stata studiata diffusamente a partire dai primi anni ‘70 da diversi autori. E’ importante sottolineare come per una transizione di fase del secondo ordine, le discontituità nelle osservabili fisiche appaiano evidenti solo nel limite termodinamico, il limite in cui N è infinito. E’ ovvio che questo limite è “non fisico” ma solo un’astrazione matematica utile sia dal punto di vista pratico, di calcolo, che per evidenziare le caratteristiche “qualitative” del sistema.
Tale modello è stato recentemente riscoperto con l’obiettivo di investigare alcune caratteristiche di sistemi artificiali a scala nanometrica, quali i quantum dots o le giunzioni josephson, utilizzati nello sviluppo dei processi di informazione e comunicazione quantistica. Il continuo interesse nel DM deriva infatti proprio dalla sua ricca dinamica che evidenzia molteplici comportamenti non classici. Per questo modello, l’analisi dell’entanglement è abbastanza recente mentre alcuni aspetti del suo comportamento a dimensioni finite (N finito, intendo) sono stati riprodotti solo per via numerica.
Questo è il problema: malgrado sia possibile determinare esattamente gli esponenti critici di alcune osservabili fisiche nel limite termodinamico, la derivazione delle correzioni di taglia finita (la taglia è il numero N di componenti del sistema) è piuttosto complicata poiché il Modello di Dicke non è esattamente risolubile.
Per semplificarne lo studio, guidati dall’universalità del comportamento critico, si può analizzare il caso di N sistemi a due livelli accoppiati ad un oscillatore in due casi estremi: quando la frequenza dell’oscillatore è molto più piccola o molto più grande della frequenza di transizione tra i due livelli. In questi limiti (chiamati, dai Fisici, “adiabatici”) è possibile ricavare tutti gli elementi per poter studiare lo stato fondamentale del sistema e determinare il comportamento critico delle osservabili fisiche. Non solo, ma proprio perchè le transizioni di fase presentano un drastico cambiamento della natura delle correlazioni dello stato fondamentale, anche l’entanglement nello stato fondamentale subisce un cambiamento sostanziale nei pressi del punto critico e rivela un comportamento che “scala” con la taglia del sistema. Così, concetti e formalismo usati per descrivere l’entanglement possono essere usati per rivelare la natura puramente quantistica di determinati aspetti della criticalità.
Questa attività di ricerca è stata coronata da successo ed è stato possibile ricavare il comportamento e gli esponenti critici per alcune misure dell’entanglement del sistema: tra l’oscillatore e l’insieme degli N qubit, tra un solo qubit ed il resto del sistema, tra due qubit.
Un’analisi di questo tipo, più vicina a quello che effettivamente si sperimenta, è di interesse per una vasta gamma di applicazioni che vanno dall’ottica quantistica ai nanodispositivi a stato solido. Inoltre, a causa del forte accoppiamento richiesto per raggiungere il punto critico, i dispositivi allo stato solido sono gli unici candidati efficaci per mostrare la firma del comportamento critico collettivo del Modello di Dicke. I nostri risultati indicano che questo obiettivo può essere raggiunto anche con un numero relativamente piccolo di qubit. Da qui in poi gli esperimenti potranno dire la loro.
Mamma mia, che lavoroooone! Complimenti a Peppe Liberti per la sua ricerca.
RispondiEliminaE grazie a te per averla segnalata. Penso che la qualità è ciò che è necessario all'ambito scientifico italiano.
Ciao
Arte
Argomenti complessi, che necessitano di un'attenta lettura. Devo tornare a rileggere con la dovuta calma. Comunque ho compreso che si tratta di un lavoro importante.
RispondiEliminaCongratulazioni all'autore.
Ruben
Annarita, qui è solo il caso di lasciarti un caro buongiorno.
RispondiEliminaCiao Professoressa.
Rosaria
Artemisia, Ruben, grazie per aver apprezzato. Il lavoro di Peppe Liberti merita il massimo della visibilità affinche possa essere condiviso e valorizzato.
RispondiEliminaUn caro saluto ad entrambi.
Ricambio il tuo saluto, Rob.
RispondiEliminaA presto.
annarita
Cari lettori, lo ammetto: a leggere 'sta roba ci vuole un pò di pazienza. E' difficile sintetizzare argomenti così complessi (e, a volte, controversi) in poche righe, tanto più che è roba "viva", ricerca in corso. Ho provato a raccontare queste cose evitando di ricorrere all'armamentario tipico del divulgatore: le analogie con fenomeni conosciuti, il linguaggio volutamente impreciso. Mi rendo conto che questo comporta uno sforzo in più di attenzione che può distogliere e disturbare. Per me è una buona lezione di umiltà che mi insegna che dovrò sforzarmi ancora di più nella ricerca della chiarezza.
RispondiEliminaGrazie a tutti, Peppe.
Peppe, un grazie sentito a te per aver onorato questo blog con un argomento complesso quanto interessante.
RispondiEliminaDici bene: non è facile sintetizzare un argomento difficile e in progress, senza ricorrere all'armamentario formale di rito, ma tu lo hai saputo fare in maniera eccellente.
A presto.
annarita
Mi aspetto sempre utili suggerimenti dallo studio dei sistemi fisici, sia in ambito classico che quantistico. Questo perchè anche il sistema nervoso è in definitiva un sistema. Vi è ovviamente un pericolo insito in questo genere di analogie, che si riduce se si accetta di analizzare le omologie di sistema, appunto, indipendentemente dall'utilizzo che si fa di questi sistemi.
RispondiEliminaCosì, tanto per fantasticare, a cosa potrebbe servire un sistema come quello nervoso, oltre a condurre un organismo, composto da numerose piccole celle, come una entità unitaria?
In questo è appunto giovevole per me il lavoro dei fisici, per la rovinosa mia caratteristica di mescolare i livelli della ricerca del naturalista curioso. E magari, chi lo sa, dal versante neuroscientifico può pure giungere qualche elemento serendipicamente utile alle frontiere della fisica.
Non per niente, uno degli studiosi con i quali sento maggiore affinità elettiva è Heinz von Foester, biofisico che studiava appunto I sistemi che osservano.
Quella del collegamento invisibile ma ineludibile possibile nel micromondo ma, a mia conoscenza, non nel macro, mi viene da vederla come una caratteristica che se nella fisica quantistica appartiene alle particelle di quel sistema, nel mondo macro può diventare solo proprietà di sistema, per un mondo che nella sua macroscopicità non può più consentirselo. Voglio dire che le caratteristiche che fanno assumere quelle proprietà alle particelle, qualora siano rispettate certe condizioni, non fanno altro che stabilire le condizioni sufficienti perchè si verifichino tali eventi (quelli quantistici cioè) e che tali proprietà siano in realtà del sistema e siano dunque ereditabili da un sistema parente, quale quello cerebrale, nel quale le idee-mondo, che appartengono non solo agli uomini ma anche agli animali, pur appartenendo a un sistema macro, hanno la
stessa levità sufficiente a sostenerne le caratteristiche.
(Ti assicuro che non ho bevuto...e comunque l'ora è tarda e qualche defaillance possono averla tutti).
Tieni buona solo la prima parte, mi sa che è meglio, ahahahaah!
paopasc
L Entagnlement quantistico rappresenta una sovrapposizione tra particelle quantiche , che genera il cosidetto /groviglio/ . Cio avviene perche le particelle quantiche se deprivate dalla massa cinetica, possono compenetrarsi mentre la materia e la energia della Fisica Classica non ha alcuna possibilita- di compenetrazione come avviene nell Entanglement di Particelle Quantistiche quanto esse vengono compresse e si sovrappongono per compenetrazione.
RispondiEliminahttp://ecosistema20.ning.com/forum/topics/cambio-di-paradigma?xg_source=activity
Tale /groviglio/ assume delle prioprieta dell spazio tempo che non sono piu Euclidee caratterizzate cioe- da tre dimensoni dello spazio e da una linearita del tempo XYZ,T , ma lo spazio tempo si trasforma in bidimensionale nello spazio e nel tempo x,y,t1,t2 .
infatti due foton entanglati assumono la forma di due campi bidimensionali nello spazio sovrapposti che vibrano /si/ o non vibrano /no/ alternativamente in un sistema oscillante di informazione che invia segnali e distanza. paolo manzelli / www.egocreanet.it