La traduzione è di Giovanni Canestrini (26 dicembre 1835 – 14 febbraio 1900), biologo e naturalista italiano).
Riporto di seguito l'introduzione, in cui, come risaputo, Darwin si esprime in prima persona
Introduzione
Io mi trovavo a bordo del vascello di S. M. Britannica The Beagle nella qualità di naturalista, allorchè fui vivamente colpito da certi fatti nella distribuzione degli esseri organizzati che popolano l'America meridionale e dai rapporti geologici esistenti fra gli abitanti passati ed attuali di questo continente. Come potrà vedersi negli ultimi capitoli di quest'opera, tali fatti sembrano diradare qualche poco le tenebre sull'origine delle specie, questo mistero dei misteri, al dire di uno de' nostri più grandi filosofi. Al mio ritorno, nel 1837, mi venne l'idea che forse sarebbesi potuto promuovere tale questione, raccogliendo le osservazioni d'ogni sorta che avessero riferimento alla sua soluzione e meditando sulle medesime. Solo dopo cinque anni di lavoro io mi permisi alcune induzioni e mi feci a redigere brevi annotazioni. Infine nel 1844 tentai quelle conclusioni che mi parvero più probabili. D'allora in poi mi occupai costantemente del medesimo oggetto. Il lettore mi perdonerà questi dettagli personali, che ho addotti soltanto per provare che io non fui troppo precipitoso nella mia determinazione.
Il mio lavoro è ora (1859) quasi finito; ma siccome occorrerebbero parecchi anni per completarlo, e la mia salute non è troppo ferma, così fui indotto a pubblicare il presente estratto. Io fui spinto a quest'opera soprattutto dalla considerazione che il sig. Wallace, nello studio della storia naturale dell'Arcipelago Malese, giunse quasi esattamente a conclusioni identiche alle mie sull'origine delle specie. Nel 1858 egli m'inviò una memoria sopra questo argomento, pregandomi di comunicarla a Carlo Lyell, il quale la presentò alla Società Linneana. Questo lavoro è inserito nel terzo volume del giornale della Società. Il signor Carlo Lyell e il dott. Hooker, che conoscono i miei lavori - quest'ultimo ha letto il mio sunto del 1844, - mi fecero l'onore di pensare che sarebbe stato opportuno di pubblicare, contemporaneamente all'eccellente memoria del Wallace, un corto estratto de' miei manoscritti.
L'estratto che oggi metto in luce è dunque necessariamente imperfetto. Io sono costretto ad esporvi le mie idee senza appoggiarle con molti fatti o con citazioni d'autori: e mi trovo nel caso di contare sulla confidenza che i miei lettori potranno avere sull'accuratezza de' miei giudizi. Senza dubbio questo libro non sarà esente di errori, benchè io creda di non essermi riferito che alle autorità più solide. Io non posso produrre se non le conclusioni generali alle quali sono arrivato, con alcuni esempi che tuttavia basteranno, credo, nella pluralità dei casi. Niuno è penetrato, più di me della necessità di pubblicare più tardi tutti i fatti che servono di base alle mie conclusioni, e spero di farlo in un'opera futura. Imperocchè io so bene che non vi è un passo in questo volume, al quale non si possano opporre argomenti, che in apparenza conducano a conclusioni diametralmente opposte. Un risultato soddisfacente raggiungesi soltanto raccogliendo tutti i fatti e le ragioni favorevoli e contrarie ad ogni questione, e pesando gli uni contro gli altri; ciocchè nell'opera presente non posso fare.
Mi rincresce assai che la ristrettezza dello spazio mi privi della soddisfazione di ricambiare il generoso concorso prestatomi da molti naturalisti, alcuni dei quali non conosco personalmente. Io non posso frattanto lasciar sfuggire questa occasione senza esprimere la profonda obbligazione ch'io professo al dott. Hooker, il quale negli ultimi quindici anni mi fu di grande aiuto, pel fondo inesauribile delle sue cognizioni e per le sue eccellenti opinioni.
Quando si riflette al problema dell'origine delle specie, considerando i mutui rapporti d'affinità degli esseri organizzati, le loro relazioni embrionali, la loro distribuzione geografica, la successione geologica ed altri fatti analoghi, si può conchiudere che ogni specie non è stata creata indipendentemente dalle altre, ma bensì discende, come le varietà, da altre specie. Pure una simile conclusione, anche fondata, non sarebbe soddisfacente fin tanto che non ci fosse dato dimostrare come le specie innumerevoli, che abitano il globo, si siano modificate al punto di acquistare quella perfezione di struttura, quell'adattamento che eccita a buon diritto la nostra ammirazione. I naturalisti si riportano continuamente alle condizioni esterne; come il clima, il nutrimento, ecc., e da esse traggono la sola causa possibile di variazione. Come vedremo, i medesimi non hanno ragione che in un senso molto ristretto. Per esempio, è un errore l'attribuire alle sole condizioni esterne la struttura del picchio, la formazione dei suoi piedi, della coda, del becco e della sua lingua, organi conformati tanto meravigliosamente per cogliere gli insetti sotto la scorza degli alberi. Così dicasi del vischio che trae il suo alimento da certi alberi, il seme dei quali deve essere sparso da determinati uccelli, mentre i loro fiori dioici esigono l'intervento di certi insetti per recare il polline dall'uno all'altro. Evidentemente non potrebbe attribuirsi la natura di questa pianta parassita e i suoi rapporti tanto complicati con parecchi esseri organizzati distinti, all'influenza delle condizioni esterne, delle abitudini o della volontà della pianta stessa.
Quindi è di una importanza capitale il cercare di formarsi un concetto chiaro dei mezzi di modificazione e di adattamento impiegati dalla natura. Fino dai primordi delle mie ricerche fui d'avviso che un accurato studio degli animali domestici e delle piante coltivate mi avrebbe offerto probabilmente i dati migliori per risolvere questo oscuro problema. Nè mi sono ingannato, mentre non solo in questa circostanza, ma ben anche in tutti gli altri casi perplessi, ho sempre trovato che le nostre esperienze relative alle variazioni degli esseri organizzati avvenute allo stato di domesticità o di coltura, sono tuttavia la nostra guida migliore e la più sicura. Io non esito ad esprimere la mia convinzione sull'alta importanza di questi studi, benchè troppo spesso sieno stati trascurati dai naturalisti.
Per questo motivo io consacro il primo capitolo di questo compendio all'esame delle variazioni allo stato domestico. Vedremo ciò, che sono per lo meno possibili sopra una vasta scala variazioni ereditarie, e quel che più importa, vedremo quanto grande sia la facoltà dell'uomo di accumulare leggere variazioni, per mezzo dell'elezione artificiale, cioè mediante la loro scelta esclusiva. Passerò poscia alla variabilità delle specie nello stato di natura; ma io dovrò a malincuore trattare con troppa concisione questo soggetto, che non può svolgersi convenientemente se non colla scorta di lunghi cataloghi di fatti. Potremo nondimeno discutere quali sieno le circostanze più favorevoli alle variazioni. Il capitolo successivo tratterà della lotta per l'esistenza fra tutti gli esseri organizzati del globo, lotta che necessariamente deriva dal loro moltiplicarsi in proporzione geometrica. È questa la legge di Malthus applicata a tutto il regno animale e vegetale. Siccome gli individui d'ogni specie che nascono sono di numero assai maggiore di quelli che possono vivere, e perciò deve rinnovarsi la lotta fra i medesimi per l'esistenza, ne segue che se qualche essere varia anche leggermente, in un modo a lui profittevole, sotto circostanze di vita complesse e spesso variabili, egli avrà maggior probabilità di durata e quindi potrà essere eletto naturalmente. Inoltre, secondo le severe leggi dell'eredità, tale varietà eletta tenderà continuamente a propagare la sua forma nuova e modificata.
Di questo principio fondamentale di elezione naturale tratterò diffusamente nel quarto capitolo: e noi conosceremo in qual modo questa elezione naturale produca quasi inevitabilmente frequenti estinzioni di specie meno adatte, e conduca a ciò che io chiamo divergenza dei caratteri. Nel seguente capitolo io discuterò le leggi complesse e poco note della variazione. Altri cinque capitoli risolveranno le difficoltà più gravi e più apparenti della teoria. In primo luogo la difficoltà delle transizioni, cioè come possa darsi che un essere o un organo semplice siasi trasformato in un essere più complicato oppure in un organo più perfetto; secondariamente l'istinto o le facoltà mentali degli animali; in terzo luogo l'ibridismo o la sterilità delle specie incrociate e la fecondità delle varietà incrociate; da ultimo l'insufficienza dei documenti geologici. Nel capitolo successivo io considererò la successione geologica degli esseri organizzati nel corso del tempo; nel dodicesimo e tredicesimo la loro distribuzione geografica nello spazio; nel decimoquarto la loro classificazione e le loro mutue affinità nello stato adulto quanto nello stato embrionale. L'ultimo capitolo comprenderà un breve riassunto di tutta l'opera con alcune osservazioni finali.
Se teniamo conto della nostra profonda ignoranza sulle reciproche relazioni di tutti gli esseri che vivono intorno a noi, non possiamo fare le meraviglie se ci restano ancora inesplicate molte cose sulla genesi delle specie e delle varietà. Come può spiegarsi che mentre una specie è numerosa e sparsa sopra una grande estensione, un'altra specie assai affine trovasi rara e in uno spazio ristretto? Ora questi rapporti sono della più alta importanza, giacchè determinano il benessere presente e credo anche la prosperità futura e le modificazioni di ogni abitante di questo mondo. Noi conosciamo poi ancor meno le relazioni reciproche degli innumerevoli abitanti terrestri in molte fasi geologiche del loro passato sviluppo. Quantunque molte cose restino oscure o rimarranno tali ancora per lungo tempo, io non posso dubitare, dopo lo studio più esatto e il giudizio più coscienzioso di cui sono suscettibile, che l'opinione adottata dalla maggior parte dei naturalisti e per lungo tempo anche da me, cioè che ogni specie sia stata creata indipendentemente dalle altre, sia erronea.
Io sono pienamente convinto che le specie non sono immutabili; ma che tutte quelle che appartengono a ciò che chiamasi lo stesso genere, sono la posterità diretta di qualche altra specie generalmente estinta: nella stessa maniera che le varietà riconosciute di una specie qualunque discendono in linea retta da questa specie. Finalmente io sono convinto che l'elezione naturale sia, se non l'unico, almeno il principale mezzo di modificazione.
Vai alla risorsa.
Ciao Annarita...leggo sempre con piacere i tuoi post per curiosità e se permetti per trarne spunti..un saluto
RispondiEliminaelisa
Risorsa veramente interessante, da utilizzare in classe.
RispondiEliminaGrazie!
Daniele
http://lnx.sinapsi.org/wordpress/
Che begli anni quelli di Darwin, anni pieni di scoperte, di curiosità, di indagine. Certamente non tutto era color rosa, guerre e lotte infiammavano l'Europa e grida di libertà si levavano in alto. Eppure, malgrado tutto, la voglia di scoprire e di conoscere dell'uomo sembra non avere ostacoli. Darwin incarnò perfettamente quel periodo.
RispondiEliminaBuona giornata.
Rino.
Lo penso anch'io, Daniele. Tra non molto tratterò l'evoluzione nella mia terza e questa risorsa gratuita offre ottimi spunti.
RispondiEliminaCiao.
annarita
Dici bene, Rino. Riflessioni efficaci di un bravo storico quale tu sei.
RispondiEliminaUn salutone.
annarita
Sento riecheggiare ancora le dure reazioni degli assertori dell'evoluzionismo di Darwin al caso De Mattei. Se ne è discusso qui, giusto a commento di un tuo recentissimo post, Annarita. Ora hai fatto una buona cosa a rimettere al posto che si merita Darwin facendoci partecipi dell'opera di Darwin del 1859 sull'origine della specie per elezione naturale.
RispondiEliminaMa non mi voglio far scappare l'occasione per dire di certe mie idee che sono sorte nell'occasione della lettura questo post. Forse sono ipotesi balzane ma sarai tu Annarita ed amici lettori a giudicare se invece non sono tali.
È come sorta da sempre la questione fra concezione "creazionistica" ed "evoluzionistica": potremmo farla risalire alla cacciata edenica e al bando, da parte del Signore, del Serpente della tentazione che ne fu la causa, questo secondo il testo della Genesi biblica.
C'è da chiedersi, ma perché tanta ostilità per un processo evolutivo così evidente, come quello affermato da Darwin, oggi sostenuto a spada tratta da eminenti scienziati? Non può essere che non ci sia invece un modo per conciliare le due concezioni? E guarda caso sembra che proprio dalla Scienza ci venga un interessante input che fa tanto pensare...
Si tratta della «biomatematica» di Vito Volterra. Vedi: http://www3.unitn.it/unitn/numero43/biomatematica.html
La «biomatematica, ovvero le probabilità di preda e predatori» del fisico matematico Vito Volterra, in particolare gli «studi analitici su habitat, animali e attività umane» per la «messa a punto per calcolare il punto di equilibrio fra specie diverse, ma legate fra loro dalla catena alimentare», mi hanno portato ad ipotizzare l'idea espressa di seguito. Il fatto saliente di riferimento alla suddetta biomatematica, che si rifà alla relativa, cosiddetta, «legge di perturbazione delle medie» portata agli estremi, fa concludere che si presenta «la possibilità di un equilibrio con l'esaurimento della specie predatrice: la popolazione predatrice si esaurirebbe grazie alla pesca, mentre le prede raggiungerebbero un equilibrio». Qui si esaurisce il fatto scientifico, ma riflettendo sul "fattore" umano della «pesca», moderatore del supposto rapporto fra prede e predatori animali, con un sobbalzo, sono stato portato a trascenderne la funzione, intravedendovi la dimensione umana, anch'essa divisa fra "prede" e "predatori". Da qui un altro sobbalzo, molto più significativo, mi ha lasciato intravedere la profondità ed importanza inimmaginata della missione del Cristo evangelico che si dispone a "trasformare" i suoi apostoli in «pescatori d'uomini» dopo il suo battesimo nelle acque del Giordano ad opera di Giovanni Battista, così come riportato, con estrema chiarezza, nei Vangeli di Matteo e Marco (Mt 4,19 e Mc 1,17).
Gaetano
In mezzo a mille dubbi e riserve sincere, si fa strada una verità rivoluzionaria per il tempo in cui è affermata:
RispondiElimina"L'opinione (...) che ogni specie sia stata creata indipendentemente dalle altre, è erronea"
Centocinquanta anni dopo, nonostante le infinite validazioni scientifiche, un ministro dell'istruzione propone di eliminare dai programmi scolastici lo studio di Darwin. Qui il modo di procedere della scienza, per "paradigmi" successivi (KUHN), non c'entra, c'è solo ignoranza e stupidità miste a servilismo.
Ciao.
Tu sai Annarita, che non formulo certe ipotesi, come questa dell'accostamento della «biomatematica» di Volterra con Gesù senza averla posta al vaglio. Infatti nel 2003 (l'8 settembre per la precisione), quando mi venne questa idea (ma non la successiva in relazione a Darwin che riguarda oggi), ne parlai con un amico, il noto prof. Bruno D'amore, docente di matematica presso l'Università di Studi Bologna ed altre Università.
RispondiEliminaMi rispose compiaciuto così:
Bel colpo, molto suggestivo, soprattutto per l'interpretazione evangelica, molto più profonda di quelle usuali... Cristo biomatematico?
Ciao da Alghero
Bruno
Buona serata,
Gaetano
Ed io ti rispondo allo stesso modo dell'esimio D'Amore, caro Gaetano. La tua ipotesi è suggestiva e non contraddice l'ipotesi evoluzionista. Dall'ipotesi creazionista, ho preso le distanze da tempo...
RispondiEliminaGrazie per le tue emozionanti suggestioni.
Un abbraccio
annarita